Card. Zenari: “Vi racconto la strage degli innocenti”

Siria

Un grido d’aiuto continua a levarsi dalla Siria. È soprattutto quello dei bambini. Mutilati, abusati, uccisi, privati dei loro genitori, traumatizzati, i più piccoli sono le prime vittime di un conflitto che dura da sette anni. È per dare una speranza a costoro che numerosi ambasciatori presso la Santa Sede ieri, nella sede dell’Ambasciata di Polonia in Vaticano, hanno acceso una “candela per la pace”, iniziativa promossa dalla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre e alla quale ha aderito anche Papa Francesco. Una fiamma di speranza può “disperdere le tenebre della guerra”, ha sottolineato il Santo Padre. Tenebre descritte dai freddi dati: tra 350mila e mezzo milione sono le vittime di questa guerra secondo le stime dell’Onu. La minoranza cristiana ha pagato il prezzo più alto: 1.309 chiese distrutte o danneggiate, 1.707 vittime, 677 rapiti, 7.802 sfollati, tantissimi sono fuggiti all’estero. Attualmente in Siria vivono solo 700mila cristiani, ridotti dal 10 al 3 per cento della popolazione. In Terris ne ha parlato con il card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, che non esita a definire il conflitto “una strage di innocenti” proprio per il tributo di sangue da parte dei bambini.

Eminenza, qual è attualmente la situazione in Siria?
“La soluzione politica appare ancora lontana e la guerra, purtroppo, non è ancora finita. Però bisogna sperare, è bella questa iniziativa. Ed è bello che la prima di un milione di candele in tutto il mondo sia stata accesa dal Papa all’Angelus, l’ho molto ringraziato per questo. È significativo che siano i bambini ad accendere le candele, a tener viva la fiamma della speranza, della riconciliazione e della libertà, perché sono loro le prime vittime innocenti di questa terribile guerra”.

Quanto influiscono le sanzioni sulle condizioni della popolazione?
“Le sanzioni sono un’arma che poi si riversa sulla gente. I potenti hanno sempre modo di trovare delle vie per far fronte alle difficoltà. Le sanzioni rappresentano un impedimento per il popolo che ha bisogno di assistenza: ad esempio non possono essere inviati aiuti direttamente in Siria, bisogna ogni volta trovare altre soluzioni”.

Malgrado queste difficoltà, qual è la situazione degli aiuti internazionali?
“La comunità internazionale sta facendo quello che può, considerando che sono 13milioni le persone che necessitano di sostegno. E le Chiese stano dando un grande contributo, mettendo in moto tutto ciò che è in loro potere: fanno arrivare cibo, prodotti sanitari, garantiscono educazione. Solo la Chiesa cattolica l’anno scorso ha investito in progetti in Siria, Iraq, Libano e Giordania 286milioni di dollari. L’impegno è tanto”.

L’impressione è che i cristiani siriani siano molto legati all’attuale regime, alla famiglia Assad. È così?
“Sì, questa è la realtà. È un sentimento che manifestano e che va rispettato”.

Lei come spiega questo legame dei cristiani ad Assad?
“Quando una persona si trova dispersa nell’oceano e c’è qualcuno che la tira per i capelli consentendogli di non affogare, è normale che nei confronti di quel qualcuno nutra sentimenti di gratitudine. C’è un oceano di Islam intorno. Il regime garantisce una buona libertà religiosa, dunque è chiaro che non ci siano cristiani critici”.

Quindi il regime rappresenta una garanzia per il rispetto della pluralità religiosa?
“Ci sono diversi aspetti che vanno considerati: la libertà religiosa certo, ma poi anche i diritti umani, le libertà fondamentali…”.

È forte la fede dei cristiani siriani, che rimane salda malgrado le gravi sofferenze…
“Sì, è forte. Ma c’è una ferita più grande ancora delle chiese distrutte: è l’esodo dei cristiani. Le chiese si possono ricostruire, diverse cattedrali sono già state rimesse in piedi, ma se la metà dei cristiani sono già fuggiti, è difficile che si ricostituisca la comunità cristiana così come era un tempo”.


Candela per la pace in Siria