Il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, ha avvertito del rischio di autoreferenzialità senza il continuo ritorno alla sorgente del Vangelo, rendendo la missione sterile. I discepoli devono raccontare e rileggere la loro storia alla luce della Parola, e prendersi anche un tempo di riposo che permette di ritrovare il senso delle proprie scelte e unità esistenziale. Il vero riposo, secondo il cardinale, è legato alla compassione e all’amore, non all’assenza di lavoro e fatica. Vivere con amore incondizionato verso gli altri moltiplica le energie e rende la vita piena.
“La Chiesa non è innanzitutto un gruppo di persone che si occupa degli altri e fa loro del bene. È un gruppo di persone che si riunisce intorno al Signore, e lì attinge la vita da condividere con ogni uomo”. A ricordarlo è il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, nella sua meditazione settimanale al Vangelo della domenica (la prossima, il 21 luglio). “Se non ci fosse questo continuo tornare alla sorgente – spiega il patriarca commentando il tema della missione dei discepoli – il rischio sarebbe quello di diventare autoreferenziali, e di non portare non più la salvezza del Signore, ma se stessi. Sarebbe, questa, una missione sterile. Riuniti di nuovo intorno al Signore, i discepoli raccontano, condividono quanto hanno vissuto: anche questo è un fondamentale passaggio della fede, quello che rilegge la storia vissuta alla luce della Parola, quello che lascia che il Signore Gesù illumini i fatti alla luce della logica della Pasqua”. Ma da Gesù arriva anche l’invito ai discepoli a prendersi “un tempo di riposo”.
Questo riposo, secondo il card. Pizzaballa, non è “sbarazzarci dei nostri problemi e di quelli della gente, come se fosse possibile fare una pausa dalla vita ed entrare in una parentesi, in cui lasciare fuori tutto ciò che ci angustia” ma “ritrovare il senso delle nostre scelte, nel ritrovare l’unità profonda della nostra esistenza, perché solo così noi possiamo trovare davvero riposo. Questo modo di vivere, che sta nella realtà senza fuggirne la complessità, che non evita il dolore dei fratelli ma lo assume e se ne fa carico, questo è ciò che dà riposo alla vita. Il vero riposo ha uno stretto legame con la compassione e con l’amore, e non con l’assenza di lavoro e di fatica. Vivere la vita cercando di risparmiarsi, alla fine svuota l’esistenza, e ottiene l’effetto opposto da quello desiderato: lascia tristi e stanchi. Al contrario – conclude il patriarca – amare gli altri senza limiti non è qualcosa che toglie energie, ma anzi, piuttosto le moltiplica e rende spaziosa l’esistenza”.
Fonte: AgenSIR
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