Canonizzati sette nuovi santi. Il Pontefice: “Pregare è lottare”

Nel giorno della canonizzazione di sette beati, Papa Francesco, prendendo spunto dalle letture della XXIX domenica del tempo ordinario, ha tenuto un’omelia incentrata sulla preghiera e sul rapporto dei santi con l’orazione. “Essi – ha detto il Santo Padre riferendosi in particolare ai nuovi santi – hanno raggiunto la meta, hanno avuto un cuore generoso e fedele, grazie alla preghiera: hanno pregato con tutte le forze, hanno lottato, e hanno vinto”. E riferendosi alla preghiera di Mosè durante la battaglia di Israele contro Amalek, ha aggiunto che “questo è lo stile di vita spirituale che ci chiede la Chiesa: non per vincere la guerra, ma per vincere la pace! Nell’episodio di Mosè c’è un messaggio importante: l’impegno della preghiera richiede di sostenerci l’un l’altro. La stanchezza è inevitabile, a volte non ce la facciamo più, ma con il sostegno dei fratelli la nostra preghiera può andare avanti, finché il Signore porti a termine la sua opera”. E come fare a rimanere fedeli? Il Papa insiste: “Non si vince la “battaglia” della perseveranza senza la preghiera. Ma non una preghiera sporadica, altalenante, bensì fatta come Gesù insegna nel Vangelo di oggi: pregare sempre, senza stancarsi mai. Questo è il modo di agire cristiano: essere saldi nella preghiera per rimanere saldi nella fede e nella testimonianza. Ed ecco di nuovo una voce dentro di noi: “Ma Signore, com’è possibile non stancarsi? Siamo esseri umani… anche Mosè si è stancato!…”. E’ vero, ognuno di noi si stanca. Ma non siamo soli, facciamo parte di un Corpo! Siamo membra del Corpo di Cristo, la Chiesa, le cui braccia sono alzate giorno e notte al Cielo grazie alla presenza di Cristo Risorto e del suo Santo Spirito. E solo nella Chiesa e grazie alla preghiera della Chiesa noi possiamo rimanere saldi nella fede e nella testimonianza”. Dunque, ha concluso Francesco, “Pregare non è rifugiarsi in un mondo ideale, non è evadere in una falsa quiete egoistica. Al contrario, pregare è lottare, e lasciare che anche lo Spirito Santo preghi in noi. E’ lo Spirito Santo che ci insegna a pregare, che ci guida nella preghiera, che ci fa pregare come figli. I santi sono uomini e donne che entrano fino in fondo nel mistero della preghiera. Uomini e donne che lottano con la preghiera, lasciando pregare e lottare in loro lo Spirito Santo; lottano fino alla fine, con tutte le loro forze, e vincono, ma non da soli: il Signore vince in loro e con loro. Anche questi sette testimoni che oggi sono stati canonizzati, hanno combattuto la buona battaglia della fede e dell’amore con la preghiera. Per questo sono rimasti saldi nella fede, con il cuore generoso e fedele”.

I nuovi santi sono Salomone Leclercq (1745-1792), dei Fratelli delle Scuole Cristiane, martire; Giuseppe Sanchez del Río (1913-1928), laico, martire; Manuel Gonzalez García (1877- 1940), vescovo di Palencia, fondatore dell’Unione Eucaristica Riparatrice e della Congregazione delle Suore Missionarie Eucaristiche di Nazareth; Lodovico Pavoni (1784-1849), sacerdote, fondatore della Congregazione dei Figli di Maria Immacolata; Alfonso Maria Fusco (1839-1910), sacerdote, fondatore della Congregazione delle Suore di San Giovanni Battista; Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero (1840-1914), sacerdote diocesano; Elisabetta della Santissima Trinità Catez (1880-1906), monaca professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi.

Tra di essi tre figure spiccano senza dubbio. Una è quella di Salomone Leclercq, primo martire dei lasalliani, ucciso il 2 settembre 1792 a colpi di spada insieme a numerosi prigionieri rinchiusi nel convento dei carmelitani di Parigi trasformato dai rivoluzionari giacobini in carcere.
La seconda è quella del giovanissimo José Sanchez del Rio, vittima di una delle più violente persecuzioni anticattoliche dell’epoca moderna, quella condotta dalla massoneria messicana all’inizio del XX secolo. Entrato nell’esercito dei “cristeros” che combattevano contro i federali, il ragazzo divenne ben presto trombettiere e portabandiera. Nella battaglia di Cotija, il 6 febbraio 1928, il cavallo del generale Guízar Morfín fu ferito a morte e José gli offrì il suo dicendo: «La vostra vita è più utile della mia». Catturato dall’esercito governativo, venne torturato. I soldati gli spellarono i piedi e lo costrinsero a camminare dalla chiesa trasformata in prigione fino al cimitero per esservi fucilato. Alle richieste di abiura continuò a ripetere “Viva Cristo Re”, al punto che i soldati gli massacrarono la bocca con il calcio di un fucile, prima di pugnalarlo e finirlo con un colpo di pistola. La sua storia viene ripercorsa nel film “Cristiada”, in onda questa sera su Tv2000.
Infine, da ricordare un sacerdote molto caro a Papa Francesco, Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero, detto “el Cura Brochero“. E’ il primo santo nato, vissuto e morto in Argentina, noto come il prete dei “gauchos” perché percorreva distanze enormi nelle sterminate pampas per rendersi vicino il più possibile a tutti. Uno di quei “pastori con l’odore delle pecore” che tanto piacciono a Francesco. Per l’occasione, numerosi i fedeli giunti dall’Argentina, in particolare da Cordoba, con il presidente Macrì e la moglie in testa.

Al termine della cerimonia, in una piazza San Pietro gremita da oltre 70.000 persone, il Papa ha recitato l’Angelus ricordando che “domani ricorre la Giornata mondiale contro la povertà. Uniamo le nostre forze, morali ed economiche, per lottare insieme contro la povertà che degrada, offende e uccide tanti fratelli e sorelle, attuando politiche serie per le famiglie e per il lavoro”.