“In Myanmar una guerra contro la dignità umana”. Sos del cardinale Bo

Myanmar: cardinale Bo ai militari, “chiunque uccide il popolo innocente dovrà rispondere a Dio”

Myanmar

Allarme del cardinale Charles Bo: “Seppelliamo nelle tombe vuote i sette decenni di totalitarismo. Che vi sia scritto l’ultimo epitaffio del colpo di Stato”. L’arcivescovo di Yangon si rivolge al popolo del Myanmar, riferisce il Sir. “Ogni uomo è creato ad immagine di Dio. E’ in atto una guerra contro i nostri giovani. Ucciderli per strada è una guerra contro la dignità umana. Chiunque uccide il popolo innocente dovrà rispondere a Dio”.

Il monito del cardinale Bo

L’arcivescovo lancia un monito a chi ha commesso “uccisioni indiscriminate” per le strade del Myanmar. “Nessuna agenzia internazionale è potente come Dio- avverte il cardinale Bo-. Il sangue innocente griderà generazione dopo generazione. Finché non sarà fatta giustizia. Ciò che è stato perpetrato contro le persone non passa inosservato o inascoltato. Dio ha i suoi tempi. E non è solo un Dio d’amore. Ma è anche un Dio di giustizia. Sta dalla parte dei più vulnerabili”. Soprattutto “è a fianco di chi lotta”. Per la giustizia e la dignità umana. “Quando le persone lottano per la giustizia, Dio si schiera con gli oppressi. E abbatte tutti i faraoni arroganti”, sostiene l’arcivescovo birmano Bo.

Bo
Il deposto capo del governo birmano Aung San Suu Kyi

I nuovi crocifissi

Afferma il porporato: “500 uomini e donne del nostro Paese sono stati crocifissi”. Prosegue il presule di Yangon: “Lo sappiamo, negli ultimi due mesi, il Myanmar è stato testimone di una reale Via Crucis. Torture, abusi, uccisioni spietate sono state il nostro calvario del 21° secolo. Ma non bisogna disperare. La via della Croce del Myanmar non sarà stata vana. Finirà con la Resurrezione della libertà, della democrazia, della pace e della prosperità per tutti”. L’arcivescovo invoca una svolta politica del Paese. La fine immediata del colpo di Stato. Il ritorno del governo civile democraticamente eletto a novembre. Il rispetto per il verdetto delle elezioni. Il ritorno dell’esercito nelle caserme. La riconciliazione tra tutti i gruppi etnici e le religioni.