Bergoglio nell’omelia a Santa Marta: “No al gattopardismo spirituale”

Papa Francesco, nell’omelia mattutina a Casa Santa Marta della prima settimana dell’Avvento, si sofferma sulle resistenze nascoste ad accettare la grazia e ad andare avanti, che sempre ci sono nella vita cristiana. Partendo dalla preghiera proposta dall’odierna Colletta che recita: “La tua grazia vinca le resistenze del peccato”, l’omelia del Pontefice distingue diversi tipi di resistenze. Ci sono le “resistenze aperte, che nascono dalla buona volontà” come quella di Saulo che resisteva alla grazia ma “era convinto di fare la volontà di Dio”. E’ Gesù stesso a dirgli di fermarsi e Saulo si converte.

Contrariamente alle resistenze aperte, che “sono sane” perché “sono aperte alla grazia per convertirsi”, “le resistenze nascoste” sono le più pericolose perché sono quelle che non si fanno vedere. “Ognuno di noi ha il proprio stile di resistenza nascosta alla grazia”. Bisogna però trovarlo “e metterlo davanti al Signore, affinché lui ci purifichi”. E’ la resistenza di cui Stefano accusava i Dottori della Legge: resistere allo Spirito Santo mentre volevano apparire come se stessero cercando la gloria di Dio. Dire questo a Stefano costò la vita.

“Queste resistenze nascoste, che tutti abbiamo, di che natura sono? – spiega Bergoglio – Sempre vengono per fermare un processo di conversione. Sempre! E’ fermare, non è lottare contro. No, no! E’ stare fermo; sorridere, forse: ma tu non passi. Resistere passivamente, nascostamente. Quando c’è un processo di cambiamento in una istituzione, in una famiglia, io sento dire: ‘Ma, ci sono resistenze lì’… Ma grazie a Dio! Se non ci fossero, la cosa non sarebbe di Dio. Quando ci sono queste resistenze è il diavolo che le semina lì, perché il Signore non vada avanti”.

Sono tre i tipi di resistenza nascoste che si oppongono al lavoro salvifico dello Spirito Santo. La prima è quella delle “parole vuote”: “Dire di sì, tutto sì, molto diplomaticamente; ma è ‘no, no, no’. Tante parole: ‘Sì, sì, sì; cambieremo tutto! Si!’, per non cambiare nulla, no? Lì c’è il gattopardismo spirituale: quelli che tutto sì, ma che è tutto no. E’ la resistenza delle parole vuote”.

Poi c’è la resistenza “delle parole giustificatorie”, e cioè quando una persona si giustifica continuamente, “sempre c’è una ragione da opporre”: “No, quello l’ho fatto per quello”. Quando ci sono tante giustificazioni, “non è il buon odore di Dio”, dice il Papa, ma “c’è il brutto odore del diavolo”. “Il cristiano non ha bisogno di giustificarsi”, chiarisce Francesco. “E’ stato giustificato dalla Parola di Dio”. Si tratta dunque di resistenza delle parole “che cercano di giustificare la mia posizione per non seguire quello che il Signore mi indica”.

Infine, c’è la resistenza “delle parole accusatorie”: quando si accusano gli altri per non guardare se stessi, o quando si è convinti di non aver bisogno della conversione perché si è già nel giusto e, così facendo, si resiste alla grazia, come mette in evidenza la Parabola del fariseo e del pubblicano.

La resistenza alla grazia è un buon segno “perché ci indica che il Signore sta lavorando in noi”. Dobbiamo quindi “far cadere le resistenze, perché la grazia vada avanti”. La resistenza cerca di “non lasciarsi portare avanti dal Signore” perché “sempre c’è una croce”. “Dove c’è il Signore – piccola o grande – ci sarà una croce. E’ la resistenza alla Croce, la resistenza al Signore che ci porta alla redenzione”, spiega il Papa.

“Io vi dirò di non avere paura quando ognuno di voi, ognuno di noi, trova che nel suo cuore ci sono resistenze. Ma dirlo chiaramente al Signore: ‘Guarda, Signore, io cerco di coprire questo, di fare questo per non lasciare entrare la tua parola’. E dire questa parola tanto bella, no? “Signore, con grande forza, soccorrimi. La tua grazia vinca le resistenze del peccato”. Le resistenze sono sempre un frutto del peccato originale che noi portiamo. E’ brutto avere resistenze? No, è bello! Il brutto è prenderla come difesa dalla grazia del Signore. Avere resistenze è normale; è dire ‘Sono peccatore, aiutami Signore!’. Prepariamoci con questa riflessione al prossimo Natale”, conclude il Pontefice.