BERGOGLIO AI MESSICANI: “VENGO TRA VOI COME STRUMENTO DI PACE”

Lotta alla corruzione, rinnovamento spirituale, antidoti alla violenza, impegno per il dialogo e la pace. Sono i temi forti che Papa Francesco ha affrontato in un’intervista all’agenzia informativa messicana “Notimex” a pochi giorni dal suo viaggio apostolico in Messico che si svolgerà dal 12 al 18 febbraio. L’agenzia di stampa ha raccolto una serie di domande da parte di cittadini messicani realizzando una video-intervista al Pontefice, registrata nei giorni scorsi a Casa Santa Marta.

“In Messico voglio essere uno strumento di pace”. Non da solo, ma assieme a tutto il popolo messicano. “Da solo non potrei, sarebbe una follia. Il Messico della violenza, della corruzione, del traffico di droga – aggiunge – non è il Messico che vuole la nostra Madre” di Guadalupe. “Vengo in Messico per pregare con voi affinché i problemi di violenza e corruzione si risolvano. Vengo per esortarvi a lottare ogni giorno contro la corruzione, contro la guerra, contro la divisione, il crimine organizzato, contro il traffico degli esseri umani. Bisogna combattere ogni giorno per la pace, non per la guerra”.

Bergoglio ricorda che la pace “è un lavoro artigianale” che si vede nel modo in cui si educano i bambini. La pace “nasce dalla tenerezza, dalla comprensione; la parola chiave della pace” è dialogo. “Dialogo tra i dirigenti, con il popolo e dentro il popolo”. Nella famiglia come nei quartieri bisogna parlare, “essere aperti a agli altri, ascoltare le ragioni altrui, lasciarsi correggere”. Si può dialogare anche con i furfanti? “Possiamo dialogare con chi può cambiare il cuore di questo delinquente”. Poi un monito a “non entrare in alcun intreccio che per guadagnare denaro, mi renda schiavo tutta la vita in una guerra interna e mi toglie la libertà, giacché la pace dà la libertà. Abbiamo la stessa Madre – prosegue – parliamo un momento con Lei”. Francesco incoraggia a chiedere alla Vergine di Guadalupe il dono della pace, “del cuore, della famiglia, della città, di tutto il Paese”.

Si sofferma molto sulla sua devozione per la Madonna di Guadalupe che ha visitato due volte: la prima per un incontro di gesuiti negli anni ’70, la seconda per un viaggio di Giovanni Paolo II vent’anni dopo. “Quando ho paura di qualche problema, ripeto a me stesso le parole della Vergine a Juan Diego: ‘Non avere paura, non ci sono qui io che sono tua madre?’. A volte mi pongo davanti alla sua immagine e resto a guardarla, sento che è Madre, che cura, che protegge, che porta avanti un popolo, una famiglia, che ti accarezza con tenerezza e fa sparire la paura. Una delle due volte che l’ho visitata – racconta – mi volevano spiegare l’immagine, ma ho preferito di no, ho preferito rimanere in silenzio a guardarla”. Quella che si venera in Messico è una tela “eloquente: una Madre che dà riparo, che è coinvolta con il suo popolo”. Francesco rivela poi che, proprio poco prima di venire a Roma per il Conclave, stava pensando di far costruire a Buenos Aires una chiesa dedicata a San Juan Diego, patrono dei fiorai. “La Madre è il grande fiore del Messico”.

Non manca poi di parlare del “rinnovamento spirituale” dei messicani che auspica da questa sua visita. “Vengo per servirvi, per essere un servitore della vostra fede. E’ per questo motivo che sono diventato sacerdote, per servire la fede del popolo”. Ma la devozione del popolo deve “uscire fuori e porsi nella vita di tutti i giorni” divenendo “una fede pubblica. Oggi c’è una crisi di fede nel mondo, ma al tempo stesso abbiamo una grande benedizione e un gran desiderio che la essa esca, che si faccia missionaria, che non sia imbottigliata come in un barattolo di latta. La nostra fede – ribadisce – non è da museo, la Chiesa non è un museo. La nostra fede nasce dal dialogo con Gesù”. Deve arrivare “nei luoghi di lavoro, a scuola, in famiglia”, altrimenti “non serve”. Il Papa avverte che “non dobbiamo rimanere rinchiusi: se noi non usciamo, non esce neanche Lui. La fede – rimarca – deve essere la mia ispirazione a coinvolgermi con il popolo, e questo comporta dei rischi, dei pericoli”.

“Io – afferma il Papa – non vengo in Messico come un Re Magio, carico di cose da portare”, piuttosto “come un pellegrino a cercare che il popolo messicano mi dia qualcosa. Tranquilli, non vengo a passare con il cestino, però vengo a cercare la ricchezza della fede che voi avete, vengo a farmi contagiare dalla ricchezza di questa fede. Non siete un popolo orfano, perché vi gloriate di avere una Madre e quando un uomo o una donna o un popolo non si dimentica di sua Madre, si riceve una ricchezza che non si riesce a descrivere”. E ricorda il detto che dice che “anche un messicano ateo è guadalupano”. La Madre “è la grande ricchezza che vengo a cercare in Messico”.