Bassetti: “Il futuro governo sia al servizio della gente”

Il Presidente della Cei, il cardinal Gualtiero Bassetti, al futuro Governo chiede “di essere totalmente al servizio della gente e di ascoltarla”. Lo dice rispondendo ai giornalisti a margine del suo intervento alla presentazione, ad Assisi, del nuovo libro di padre Enzo Fortunato “Francesco il ribelle” edito da Mondadori. “Chiedo di attuare – sottolinea il porporato – quello che noi anche nella dottrina sociale della Chiesa chiamiamo il bene comune che è il bene di tutti”. E aggiunge: “Avevo raccomandato alla gente più volte di andare a votare perché avevo paura di un flop e avrebbe voluto dire che la gente era disinteressata e lontana dalla politica. La gente ha votato e per questo ho espresso la mia gioia. Ora sarà il presidente della Repubblica, nella sua sapienza e prudenza, a dare le indicazioni più opportune“. Poi conclude: “Di più non posso dire perché mi sono ripromesso di dare qualche giudizio più specifico durante il Consiglio permanente confrontandomi con gli altri vescovi”.

“Il Papa non è un moralista”

E, commentando il libro di padre Fortunato, afferma: “La natura della ribellione di Francesco d’Assisi, secondo me, è evangelica, perché incarna lo stesso ‘paradosso’ di Gesù, che tiene testa ai ben pensanti e ai burocrati della gerarchia di allora, per obbedire alla legge del Padre suo, non per fondare una casta o una setta”. In apertura il porporato, stringendo tra le mani una copia di un libro di Dino Campana, nato a Marradi, come lui, definisce l'autore “un poeta di una intelligenza unica, ma preso per matto”. Legge la sua descrizione del viaggio di Francesco alla Verna, citato nella bibliografia del libro di padre Fortunato. “Il sogno di Francesco è quello di una modernità nel segno del Vangelo, che è l’eterno presente della parola incarnata nell’azione per andare nel mondo”. E qui comincia una serie di parallelismi tra il poverello di Assisi e il Pontefice. “La ribellione di san Francesco è anche quella della perfetta carità. Rompe con ogni luogo chiuso, ogni forma di divisione. Il suo verbo è andare verso, non aspettare – afferma -. Qui si capisce perché Bergoglio si è voluto chiamare Francesco: vuole sottolineare l’importanza della confessione e del sacramento della penitenza. Non fa il moralista. Questo è magistero, non è solo un anziano che va a confessarsi”. Poi, l’attenzione del cardinale si concentra sul “rapporto col papato”. “La rivoluzione di San Francesco non è accontentarsi, ma andare oltre per andare verso. San Francesco si confronta con la Chiesa ma obbedisce. Era ribelle contro il suo tempo che andava verso l’individualismo e la società dell’avere – aggiunge -, non contro la sua gerarchia che aveva anche i suoi difetti”. Il “movimento in uscita” di Francesco è “correre verso l’altro”. Qui, si inserisce il ministero di Papa Francesco, che “accettando un incarico così oneroso, a 77 anni, disse: ‘Mi chiamerò Francesco, perché voglio una Chiesa povera che sia vicina ai poveri”. Quindi, spostandosi sul piano politico, l’auspicio che il “nuovo governo” sia “di gente retta che pensa ai poveri”. Perché bisogna “guardare a ciò che unisce più che a ciò che divide”.