“Anche se una malattia è rara, la vita lo è di più”

Sono sempre contento di incontrare le associazioni per la ricerca e la solidarietà sulle malattie rare. Certo, c’è il dolore per le sofferenze e le fatiche, ma sempre mi colpisce – ne resto ammirato – la volontà delle famiglie di mettersi insieme per affrontare questa realtà e fare qualcosa per migliorarla”.

Papa Francesco ha ricevuto nella Sala Clementina i Membri dell’Associazione “Una vita rara“, al termine delle nove tappe della “Rare words run – Corsa delle Parole Rare”, partita lo scorso 21 aprile da Monticelli Brusati (BS) e giunta oggi a Roma, che vuole simbolicamente dar voce a coloro che sono affetti dalla Allan Herndon Dudley Syndrome (AHDS-MCT8) e a quanti sostengono l’Associazione, impegnata a sostegno della ricerca scientifica e della tutela della salute per la cura delle malattie rare. L'AHDS è una malattia rarissima che interessa il trasportatore dell'ormone tiroideo nelle cellule. Nel mondo sono registrati poco più di 130 casi, di cui 14 in Italia e 34 negli Usa.

Pochi giorni dopo il triste epilogo della vicenda di Alfie Evans, l'udienza è servita al S. Padre per ribadire come ogni vita sia degna di essere vissuta e occorra fare ogni sforzo possibile per tutelarla, proteggerla e accompagnarla. Il Papa si è rivolto direttamente a Giorgio e Rosita, i genitori di Davide, che hanno dovuto attendere 12 anni per una diagnosi. “Voi avete sentito dentro di voi la spinta a fare qualcosa per lui e per le persone affette da una malattia rarissima, e per le loro famiglie. Il nome che avete dato all’associazione, 'Una Vita Rara', dice molto, perché esprime la realtà di Davide, ma anche la vostra con lui, in modo positivo, non negativo. Il negativo c’è, lo sappiamo, è realtà quotidiana. Ma questo nome dice che voi sapete guardare il positivo: che ogni vita umana è unica, e che se la malattia è rara o rarissima, prima ancora è la vita ad esserlo. Questo sguardo positivo è un tipico 'miracolo' dell’amore”.

“E' l’amore che fa questo – ha proseguito il Papa – Sa vedere il bene anche in una situazione negativa, sa custodire la piccola fiammella in mezzo a una notte buia. E l’amore fa un altro miracolo: aiuta a rimanere aperti agli altri, capaci di condividere, di essere solidali anche quando si soffre una malattia o una condizione pesante, logorante nel quotidiano. Credo che da questo stesso atteggiamento, di cui ringrazio Dio, è nata anche la corsa di 700 chilometri, partita dieci giorni fa dalla vostra casa e arrivata oggi a Roma. Una corsa per la vita e per la speranza”.