A Fiumicino altri 50 profughi dall'Etiopia

Etiopia

Altri 50 profughi eritrei, sud sudanesi e somali, rifugiati in Etiopia, sono sbarcati questa mattina a Fiumicino provenienti da Addis Abeba. Il loro ingresso in Italia è stato reso possibile grazie ad un accordo firmato dalla Conferenza Episcopale Italiana (che agisce attraverso Caritas Italiana e Fondazione Migrantes) e dalla Comunità di Sant’Egidio, insieme allo Stato italiano. Sono così quasi 200 i profughi già arrivati nel nostro Paese sui 500 previsti in due anni. Tra i 50 giunti questa mattina a Fiumicino ci sono molti bambini e numerosi casi di persone che hanno bisogno di assistenza sanitaria per malattie aggravate da precarie condizioni di vita nei campi profughi e in alloggi di fortuna. Saranno accolti in diverse regioni italiane (tra cui Lazio, Puglia, Liguria, Emilia Romagna e Sicilia) dove sono state già attivate le strutture sanitarie per le persone bisognose di cure (come il Bambino Gesù di Roma, il Gaslini di Genova e la Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo) e, più in generale, predisposto un percorso di integrazione nel nostro Paese, che prevede l’apprendimento della lingua italiana, la scolarizzazione dei minori e un rapporto costante con famiglie e realtà presenti sul territorio. Tutto ciò grazie ad un progetto totalmente autofinanziato, grazie all’8×1000 della Cei, a fondi raccolti dalla Comunità di Sant’Egidio e alla generosità non solo di associazioni e parrocchie ma anche di cittadini che hanno offerto le loro case e il loro impegno gratuito e volontario.

Accordo con Monaco

L'impegno della Comunità di S. Egidio per favorire i corridoi umanitari e quindi un'immigrazione legale e sicura prosegue senza sosta. Dopo gli accordi con Italia, Francia, Belgio e Andorra, ieri è stato firmato un protocollo d'intesa con il Principato di Monaco che sosterrà economicamente per i prossimi tre anni queste iniziative.

Pellegrinaggio a Lampedusa

La stessa Comunità ha promosso anche un pellegrinaggio a Lampedusa con la Conferenza episcopale e una delegazione del governo del Burkina Faso per pregare per le vittime delle migrazioni nel Mediterraneo e ringraziare la popolazione per l’accoglienza offerta in tanti anni alle persone in fuga da guerre e povertà. Ma è stata pure l'occasione per lanciare un appello a Europa e Africa perché collaborino per evitare in futuro nuove tragedie del mare. Ieri i vescovi hanno preso parte ad una cerimonia sulla costa dove sorge la “Porta d’Europa”. Questa mattina hanno invece reso omaggio alle migliaia di vittime morte in mare con la sosta al cimitero e al Molo della Madonnina da dove partono regolarmente i soccorsi ai tanti barconi alla deriva. Al termine della cerimonia, ricordando il gesto di Papa Francesco, è stata lanciata una corona di fiori in mare a bordo di una motovedetta del Corpo della Capitaneria.

Anche l'Africa deve fare la sua parte

A guidare la delegazione dei vescovi, insieme al cardinale Philippe Ouedraogo, arcivescovo di Ouagadougou, è stato il presidente della Conferenza episcopale, monsignor Paul Y. Ouedraogo, arcivescovo di Bobo-Dioulasso: “Questo viaggio è stato per noi un vero pellegrinaggio; si tratta di un luogo che è stato raggiunto da coloro che sono riusciti a sfuggire alla morte nel deserto, alla morte nel Mediterraneo e da coloro che poi proprio lì non ce l’hanno fatta”. E ha parlato di una responsabilità comune, di Europa e Africa, di fronte a questa tragedia: “Dai due lati del mare ci si è troppo abituati alle morti in mare. L’Europa dei responsabili pensa a difendersi dai rifugiati, l’Africa dei responsabili chiude gli occhi e gira la testa dall’altra parte… Ringraziamo la Comunità di Sant’Egidio e le Chiese protestanti italiane per avere creato i Corridoi Umanitari che sono una strada di speranza per l’avvenire”. Gli ha fatto eco il segretario di Stato Alfred Gouba, a nome del governo burkinabè, che oltre a ricordare le drammatiche statistiche dei morti in mare, da una parte ha chiesto ai Paesi di accoglienza “una maggiore protezione” e “condizioni più degne” per i migranti, dall’altra, “consapevole della nostra responsabilità di africani verso coloro che partono”, ha chiesto “una nuova forma di partenariato” tra i due continenti “perché cessino queste tragedie”.