Tolgono l'utero alle donne per farle lavorare di più

Tra i danni prodotti dalla globalizzazione, si annovera spesso la concorrenza sleale dovuta al fatto che in alcuni Paesi, sovente economie emergenti, il costo del lavoro è notevolmente più basso. In certe aree del pianeta, infatti, il diritto dei lavoratori è un concetto estraneo. E' così che, per concorrere con queste economie, anche le imprese dei Paesi più evoluti in quanto a diritto del lavoro subiscono la tentazione della delocalizzazione e i governi quella di applicare riforme che erodono diritti a vantaggio della precarietà. La notizia che giunge dall'India, però, supera ogni limite e travalica nell'agghiacciante. Le raccoglitrici di canna da zucchero nella regione di Marathwada, nel centro del Paese asiatico, sono spesso sottoposte ad isterectomia per rendere la loro produttività migliore. A dare la notizia è il sito di informatione Firstpost, ripreso da Le Courrier International e dal Corriere della Sera.

“Le mestruazioni intralciano il lavoro”

La vicenda è venuta a galla dopo che una ong ha notato un numero sproporzionato di donne prive di utero nel distretto di Beed. Per il quotidiano italiano, la giornalista Monica Ricci Sargentini riferisce che “due indagini, condotte dal governo regionale nel 2018, avevano stabilito che il 36% delle lavoratrici aveva subito l’intervento mentre la media nazionale è del 3,2%. In tre anni le isterectiomie realizzate nella zona sono state 4.500, nell’85% dei casi l’operazione si è svolta in una clinica privata”. Il lavoro nei campi di canna da zucchero è molto duro: le raccoglitrici iniziano a lavorare alle 4 del mattino, senza alcuna assicurazione sanitaria. Il guadagno si aggira tra le 30mila e le 35mila rupie (circa 400 euro) a stagione, la quale inizia a marzo e termina ad ottobre. Secondo The Hindu Business Line, ogni giorno di interruzione implica una sanzione di 500 rupie per le lavoratrici. L'articolo sottolinea che “le mestruazioni intralciano il lavoro e quindi portano alle inevitabili sanzioni. Quindi la soluzione è non averle più”. I datori di lavoro – si legge – affermano che le stesse lavoratrici chiedono l'operazione. Ma si fa fatica – rileva l'articolo del Corriere – a ritenere una simile scelta libera. Spiega il marito di una di loro: “Quello che guadagniamo durante la stagione è la nostra entrata di tutto l’anno, perché non prendiamo nessun altro lavoro quando torniamo dalla raccolta. Non possiamo permetterci un’interruzione neanche per un giorno. Dobbiamo lavorare anche se abbiamo problemi di salute. Non c’è riposo e le donne che hanno il ciclo sono un problema in più“.