“Scambiavo bimbi nelle culle”: la rivelazione choc genera il panico

Una vicenda che, nonostante i fortissimi dubbi che la circondano, risulta davvero da non credere quella di cui si parla insistentemente a Lusaka, capitale dello Zambia, dove un'infermiera, per dodici lunghi anni di servizio in un ospedale locale, avrebbe adottato l'indicibile pratica di scambiare i neonati del reparto maternità nelle loro culle, affidando quindi ad alcune famiglie i figli di altre. Un abuso del suo ruolo, una mania incontrollabile: qualunque sia il sentimento o qualsiasi altro fattore ad averla generata e qualora fosse vero, rappresenterebbe una follia, un fatto gravissimo che lei, solo pochi giorni fa, ha deciso di confessare perché ormai malata di tumore allo stadio terminale. Allo scopo di “rendere conto dei suoi peccati”, la donna ha rivelato che sistematicamente, dal 1983 al 1995, nell'ospedale in cui lavorava scambiava bambini nelle culle dopo il parto delle loro mamme, per un totale nientemeno che di cinquemila piccoli.

Possibile fake?

Secondo un'inchiesta svolta dal Lusaka Times, però, ci sarebbe da discutere circa l'identità della donna: i cronisti del quotidiano hanno infatti appurato come non sia mai esistita, in quegli anni, un'ostetrica con il suo nome presso quell'ospedale, alimentando il sospetto che si tratti di una mitomane in cerca di popolarità. A ogni modo, al netto della verdicità delle sue azioni, la donna ha scatenato un meccanismo inevitabile che, al momento, sta coinvolgendo la polizia e anche le famiglie dei bambini nati in quel nosocomio, prese dal terribile sospetto che i figli e le figlie cresciuti e allevati con tanta dedizione possano non essere i loro. Nonostante la notizia sia stata, proprio per le rivelazioni del Lusaka Times, etichettata come una bufala, la diffusione della stessa è bastata a scatenare panico e indignazione in tutto il mondo. Proprio per la grande risonanza ottenuta dalla confessione, la Polizia non ha potuto trascurare la vicenda, avviando un'indagine approfondita per stabilire se, davvero, la donna sia chi dice di essere e se abbia prestato servizio come infermiera o se, più realisticamente, abbia inventato la storia per rendere noto il suo nome.