Manifesti shock a Cagliari: “Quando hanno intubato mio padre… “

L'opposizione: "I cittadini non sono delinquenti, in questo momento vanno aiutati e protetti prima di essere controllati". Il sindaco: "Mi spiace ma questa è la realtà"

Alcuni del cartelli shock affissi a Cagliari

Polemiche a Cagliari per alcuni manifesti affissi in strada e relativi all’emergenza coronavirus ritenuti da alcuni eccessivamente “diretti”, se non addirittura offensivi della sensibilità personale. Le scritte, visibili lungo le strade su camion vela, sono un esplicito invito a non uscire di casa e a rispettare i divieti legati all’emergenza. Fin qui, tutto bene se non fosse che le avvertenze puntano a shockare il lettore con le possibili conseguenze della non osservanza e sulla paura delle possibili conseguenze. “Quando hanno intubato mio padre ho ripensato a quella passeggiata che dovevo evitare”, è uno dei messaggi. E ancora: “Quando hanno portato mia madre in ospedale, ho capito che dovevo rinunciare alla corsa”; “Quando mio figlio è stato contagiato, ho capito che dovevo rinunciare a quella spesa inutile”. Una delle più dure recita: “Quando ho visto trasportare le bare, mi sono vergognato di essere uscito di casa senza ragione”. Le tre frasi sono accompagnate dallo slogan “meno usciamo, prima ne usciamo” e firmate del sindaco cagliaritano Paolo Truzzu. La campagna del Comune – i manifesti sono visibili da ieri in tutto il capoluogo sardo – ha scatenato le polemiche sui social. Per l’opposizione, questo modo di comunicare è “surreale” anche perché avviene “in una Regione dove finora la metà dei contagi è avvenuta negli ospedali. I cittadini non sono delinquenti, in questo momento vanno aiutati e protetti prima di essere controllati”, afferma ancora la nota. L’esortazione è a rimuovere immediatamente i manifesti e realizzare piuttosto “una campagna informativa istituzionale semplice e diretta, come i cagliaritani meritano”.

La replica del sindaco: “Mi spiace ma questa è la realtà”

Truzzu ha affidato a Fb la sua replica: “In questi giorni – esordisce il primo cittadino – vi capiterà di vedere sui muri alcuni manifesti 6×3 firmati direttamente da me. Sono messaggi molto forti. Quando l’agenzia di comunicazione mi ha fatto vedere i materiali, sapevo che sarei stato attaccato. Che avrei ricevuto gli insulti. Qualche sepolcro imbiancato, qualche vecchia gloria con il ditino sempre puntato, acide commentatrici, confusi giovanotti con uno strano concetto di democrazia. Ma mi sono chiesto: è più importante il mio consenso o la salute e il futuro dei miei concittadini? Voglio che, passato lo choc iniziale, si possa riflettere. Ci sono cose che possiamo evitare per salvare la nostra salute? Quella dei nostri cari, dei nostri amici e dei nostri vicini? Cari concittadini, di questo discutiamo tutti i giorni. Uscire poco o nulla, stare attenti nel fare la spesa, evitare le corsette. Ci sono cose bellissime che non possiamo fare. Sono pericolose perché aiutano il contagio. E il contagio, lo abbiamo visto, può essere letale per molti di noi. Succede nel nord Italia. Può succedere da noi, a Cagliari, se non riflettiamo sull’effetto disastroso che molti nostri comportamenti possono avere. Mi spiace ma questa è la realtà. Mi preoccupo che tutti, oggi e domani, siano in ottima salute. Per riprendere in mano, dopo questa tragedia, il presente e il nostro futuro. Senza nessun intento di criminalizzazione dei cagliaritani, come qualcuno, dedito più alla propaganda e alla mistificazione, ha voluto far credere. Cagliaritani che nella maggior parte si comportano con correttezza. L’ho sempre detto e li ringrazio. Ma il problema sono gli altri che rischiano di vanificare il lavoro di tutti. E vedendo i flussi di traffico vi dico che non sono così pochi quelli che si muovono senza giustificazione. E ne basta uno per costringere una mamma a casa con i propri bambini un altro mese, un imprenditore a tenere ancora la serranda abbassata, un professionista a non avere più lavoro, un lavoratore a stare a casa sperando nei sussidi del governo, un operatore dei servizi essenziali a uscire di casa con il terrore, un uomo delle forze dell’ordine a lavorare sperando di cavarsela ogni giorno, un operatore della sanità ad affrontare turni massacranti in condizioni di lavoro complicate. E allora mi faccio una domanda: se non siamo disposti ad affrontare una rinuncia in momento come questo, quando mai dovremo farlo?”, conclude il sindaco, specificando che “la campagna non è costata un euro al comune, come le affissioni”. Tutto gratis. Manifesti eccessivi o realistici? Ai sopravvissuti l’ardua sentenza.