La Francia strappa il crocifisso dal collo dei politici

Nelle scuole, nelle piazze, nei palazzi comunali, ora anche in Parlamento. La “persecuzione” laicista dei simboli religiosi, in Francia, sta diventando davvero un fenomeno capillare. È di pochi giorni fa la notizia che il Consiglio direttivo dell’Assemblea Nazionale francese, uno dei due rami del Parlamento, ha adottato un provvedimento che vieta ai deputati di esibire in aula simboli religiosi, obbligandoli a vestire con un abbigliamento definito “neutro”.

Il motivo del provvedimento

La nuova disposizione proibisce nello specifico di “indossare qualsiasi simbolo religioso evidente, uniformi e loghi che riportino messaggi commerciali o slogan di natura politica”. Essa nasce dalla necessità – evidenza Le Monde – di disciplinare il comportamento dei parlamentari, imponendo loro delle modalità di espressione che siano “esclusivamente orali”. In passato, infatti, diversi parlamentari avevano introdotto in aula oggetti simbolici per rafforzare i propri discorsi.

“La fede resti in sacrestia”

Ma più che una disposizione di carattere tecnico, questa norma appare come l'ennesimo colpo d'accetta francese sulla manifestazione pubblica della fede. Del resto François De Rugy, presidente dell'Assemblea Nazionale francese, nel novembre scorso aveva avuto modo di sottolineare che “la fede è un affare privato” e che “è preziosa solo se rimane così”. Insomma, va bene soltanto se rimane confinata nelle sacrestie.

Opposizioni inaspettate

La decisione ha trovato l'opposizione inaspettata anche di settori spiccatamente laici della società e della politica francesi. François Pupponi, un deputato socialista, ha sottolineato che “in una Repubblica laica, nessuno può essere discriminato per la sua appartenenza religiosa”. Una nota dei deputati comunisti rileva che questo provvedimento “è contrario alla libertà d'espressione”. Sulla stessa lunghezza d'onda – forse a sopresa – l'Osservatorio per la laicità, il cui presidente Jean-Louis Bianco ricorda che, per definizione, i deputati sono “non neutrali”.

La critica della Chiesa

Meno sorprendente la nota critica della Conferenza episcopale francese. “Mi sembra esagerato che per disciplinare il comportamento inadeguato di un deputato si renda necessario stabilire misure che riguardano la possibilità per gli eletti di esprimere le convinzioni che hanno per definizione”, spiega a Le Monde il segretario generale dei vescovi francesi, Olivier Ribadeau-Dumas. La voce del presule si alza sopra l'omologazione e l'appiattimento areligioso: “Se esiste un luogo dove si deve poter discutere di tutto è proprio l'Assemblea Nazionale. I deputati rappresentano il popolo, ed il popolo non è laico”.