Facebook: gli insulti degli agenti dopo il suicidio di un detenuto romeno

Venerdì scorso nel carcere di Opera Ioan Gabriel Barbuta di 39 anni originario della Romania si è impiccato nella sua cella dopo essere stato condannato all’ergastolo per omicidio.  “Un rumeno in meno” e “speriamo abbia sofferto” sono gli ignobili e vergognosi commenti che si leggono sulla pagina Facebook di un sindacato di agenti, l’Alsippe, dove è partita una vera e propria caccia all’uomo che ha pubblicato il post.

Il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia ha avviato un’indagine per ricevere chiarimenti sui commenti definiti “intollerabili” e considerati “un’offesa al lavoro di tutti gli agenti impegnati a salvaguardare le persone che hanno in custodia”. L’inchiesta interna ha come primo obiettivo quello di verificare che il messaggio lanciato su Facebook sia stato realmente scritto da un membro della polizia che lavora nel carcere, come secondo passaggio si procederà alle sanzioni previste per il colpevole.

Andrea Orlando, il ministro della Giustizia incontrerà domani il capo del Dap Santi Consolo, per approfondire la questione e “valutare i provvedimenti da adottare”. Il caso  però si estende a più persone in quanto gli insulti che hanno seguito la notizia della morte del detenuto sono stati diversi: “A me dispiace per i colleghi che si suicidano. Per lui no!”, e ancora “chi se ne frega?”, “uno de meno che lo Stato non ha da magna…” e a chi replicava che i commenti erano fuori luogo la risposta era chiara: “Lavora all’interno di un istituto. Sono solo extracomunitari. Per fare questo mestiere devi avere il core nero”. Frasi che rendono la cifra di una “disumanizzazione” del personale, una mancanza di rispetto voluta che dovrebbe considerarsi allarmante.

Alcuni membri del Pd come Roberto Cociancich, Laura Cantini ed Andrea Marcucci, che giudicano positivamente l’avvio dell’inchiesta hanno specificato: “Aspettiamo che i rappresentanti di Alleanza sindacale Polizia Penitenziaria siano ascoltati per capire la loro posizione. Le parole usate sul social network, a poche ore dalla morte del detenuto, sono barbare e spregevoli”.