CINA, UN MUSEO ESALTA I KILLER DI UN SANTO

In Cina si sta sviluppando uno strano “culto” attorno alla figura di Zhang Mingfeng, magistrato dell’epoca Qing che condannò a morte un santo missionario martire. In suo onore è stato eretto un museo, un murale di bronzo più grande del normale e persino un concorso di poesia. È quanto hanno rilevato le autorità del villaggio di Dingan per “celebrare” la cacciata degli stranieri cattolici dall’area. Oggi è una zona ad alto flusso turistico, e i funzionari locali vogliono “sottolineare il male portato da quei diavoli stranieri” e denunciare “l’oppio religioso” con cui hanno “soffocato il popolo”.

La rivoluzione maoista è nata in contrasto con gli usi (e gli abusi) del sistema imperiale cinese, ma la propaganda antireligiosa maoista ha sempre preso gli stessi temi e giudizi grossolani dei nazionalisti dell’epoca Qing, che difendevano il vecchio impero. Ora i leader comunisti di Dingan vogliono trasfromare in un eroe del popolo proprio uno dei campioni di quel sistema che il maoismo definiva corrotto. Un concorso di poesia promette 1000 yuan al miglior esegeta di Zhang, “eroe dalla volontà di ferro” protagonista del processo contro sant’Agostino Chapdelaine.

Nato il 6 gennaio 1814 a La Rochelle in Francia, Agostino viene ordinato sacerdote nel 1843. Nel 1851 si unisce all’Istituto delle Missioni Estere di Parigi e il 29 aprile 1852 si imbarca ad Anversa diretto alla missione cinese del Kuang-Si (traslitterazione antica dell’odierno Guangxi). Nel 1855 inizia il suo apostolato, che porterà in poco tempo circa 200 conversioni. La sua opera crea però invidie e gelosie: secondo le cronache dell’epoca un certo Pé-San, uomo dai costumi corrotti, avendo saputo che una donna da lui sedotta si era convertita al cristianesimo, denuncia la presenza del missionario al mandarino di Sy-Lin-Hien, acerrimo nemico dei cristiani, accusandolo di sobillare il popolo, fomentando disordini.

“L’eroe Zhang” invia le sue guardie a Yan-Chan per arrestare p. Augusto ma questi, avvertito in tempo, sfugge alla cattura rifugiandosi in casa di un letterato cristiano a Sy-Lin-Hien. Il 25 febbraio 1856 la casa viene circondata dalle guardie e perquisita; padre Chapdelaine finisce in carcere insieme a quattro fedeli cristiani e al secondo figlio dell’ospite. La retata di cristiani produce in totale 25 prigionieri, che vengono bastonati a colpi di bambù, incatenati e costretti alla ‘ganga’ al collo (tipica gogna dei Paese asiatici).

Il 26 febbraio il missionario viene interrogato e accusato; riceve per punizione centinaia di colpi di bambù che gli procurano piaghe in tutto il corpo. Il giorno dopo viene incatenato con le ginocchia piegate e strette sopra delle catene di ferro e così rimane fino al 28, in attesa di un ingente riscatto da parte dei cristiani. Viene condannato a morire nella gabbia e il 29 febbraio 1856, con il collo entro un foro del coperchio superiore, viene appeso in aria. Sospeso, muore impiccato per soffocamento. Padre Augusto Chapdelaine viene beatificato il 27 maggio 1900 da Leone XIII e proclamato santo il 1° ottobre 2000 da Giovanni Paolo II.

Proprio la decisione di canonizzare il missionario, assieme a molti altri santi dell’evangelizzazione della Cina, accese una ridda di polemiche nel Paese. In un articolo della Xinhua del settembre 2000, intitolato “Smascherare i cosiddetti santi”, vengono raccontati senza citare alcuna fonte i presunti crimini di tre missionari dell’epoca Qing: oltre a p. Chapdelaine vengono messi nel mirino sant’Alberico Crescitelli, del Pontificio Istituto Missioni Estere, e il domenicano spagnolo Francisco Ferdanandez de Capillas.

Il museo di Dingan non è soltanto un monumento turistico “nazionalista”, ma risponde alle direttive del governo centrale che spinge per una “sinicizzazione” dell’attività religiosa nel Paese. L’influenza della cultura occidentale, spiega un esperto ad AsiaNews, “ha il suo impatto sulla Cina attuale soprattutto nella mancanza di riferimento al Partito Comunista come faro e veicolo di valori, in una società in cui girotondi di vasta corruzione e il culto del denaro sembrano prendere l’iniziativa. Garantire ‘altri valori’ alla società è la base per la campagna di sinicizzazione”.