Quelle malattie che fanno paura

Più si conoscono, maggiormente se ne parla. Le malattie genetiche sono la nuova sfida della medicina. La biologia molecolare, ultima frontiera della scienza moderna, ne studia i meccanismi dalla metà del Novecento. Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante e a molte di queste patologie è ora possibile dare un nome. Nel tempo l'aurea di mistero che ruotava attorno a esse si è in parte diradata. Ne abbiamo parlato con il dott. Alvaro Mesoraca, membro dell’ Associazione italiana di genetica medica, divenuta nell’anno 1998 Sigu (Società Italiana di Genetica Umana), direttore responsabile del reparto di Genetica Medica e Tossicologia del centro Altamedica di Roma e coordinatore di tutta l’attività di citogenetica, di biologia molecolare, di tossicologia e del servizio di consulenza genetica

Cosa sono le malattie genetiche?
“Si tratta di patologie dovute ad un’alterazione di natura congenita e permanente del Dna, ovvero del patrimonio genetico. Questo è costituito da 23 coppie di cromosomi (per un totale di 46), ciascuna formata da un cromosoma di origine materna ed uno di origine paterna. Questo nelle cellule somatiche. In quelle sessuali o gameti, invece, si ha la metà dei cromosomi di una normale cellula somatica (quindi 23) raggiungendo il numero di 46 soltanto durante il processo di fecondazione. Il gene è considerato l’unità base del Dna, la struttura che contiene quelle caratteristiche che rendono ogni individuo unico e che in parte vengono trasmesse di generazione in generazione. L’alterazione a carico di alcuni geni o cromosomi può dar origine ad alcune patologie che, per questo motivo, prendono il nome di malattie genetiche”.  

Ne esistono di rare?
“Sì. Sono quelle che colpiscono un numero ristretto di persone e di conseguenza generano problemi specifici legati alla loro rarità. In Europa si è stabilito un limite di una persona affetta ogni 2.000. Una malattia può essere rara in una regione, ma essere frequente in un’altra; ad esempio, la talassemia, un’anemia di origine genetica, è rara nel Nord Europa, ma è frequente nelle regioni del Mediterraneo. Esistono molte malattie che possiedono varianti rare nella popolazione che si manifestano con caratteristiche e gravitàdiverse. Attualmente è stata calcolata la presenza di circa 6.000-7.000 malattie rare e ne vengono descritte di nuove regolarmente nelle pubblicazioni scientifiche. Il numero delle malattie rare dipende anche dal grado della specificità utilizzata nella classificazione delle diverse condizioni/malattie. Fino ad oggi, in medicina, una malattia è sempre stata definita come un'alterazione dello stato di salute, presentandosi con una configurazione unica di sintomi ed un'unica cura; questo dipende dal livello di definizione della nostra analisi: più è precisa, più si percepiscono le sfumature. Questa complessità si riflette sulla classificazione diversificata delle malattie rare”.

Quante sono più o meno le persone che soffrono di malattie rare?
“In totale, i pazienti iscritti al Registro delle Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità sono più di 109.100, affetti da 583 patologie diverse, alcune delle quali, nel nostro Paese, hanno colpito una persona sola. Il problema è che spesso i sintomi delle malattie rare sono genetiche e difficili da individuare. Per alcune di queste malattie rare non esistono vaccini, farmaci o cure efficaci. L’estrema variabilità dei sintomi, anche tra pazienti affetti dalla stessa condizione, complica notevolmente la diagnosi: ci sono persone che attendono diversi anni prima di conoscere il nome della propria malattia, mentre per altre – circa il 30 per cento – la diagnosi non arriva mai nonostante test e visite specialistiche. Inoltre, per la maggior parte delle patologie rare non esiste attualmente una cura,  al limite sono disponibili trattamenti in grado di attenuarne i sintomi ma non di risolvere il problema. Altre richiedono 'farmaci orfani', che le case farmaceutiche non hanno interesse a produrre visto che sono poche le persone colpite da malattie rare di quel certo tipo. Il mercato è troppo ristretto e per nulla redditizio”.

Se i pazienti sono pochi come si gestisce la patologia?
“Nella maggior parte dei casi, le malattie rare accompagnano chi ne soffre per tutta la vita, anche se queste patologie non sempre si manifestano in età precoce. Gestire la quotidianità – la scuola, il lavoro, gli spostamenti, l’alimentazione – diventa una sfida non solo per il paziente, ma anche per la sua famiglia e per tutte le persone che fanno parte della sua vita. La ricerca scientifica rappresenta l’unica strada per cambiare questo scenario così difficile: non solo permette di identificare malattie prima sconosciute e comprenderne i meccanismi, ma può portare allo sviluppo di nuovi trattamenti e, in certi casi, di una cura definitiva. Inoltre,  può mettere i medici nelle condizioni di dare ai pazienti una corretta diagnosi e le informazioni disponibili sulla loro malattia”. 

Esistono degli screening per fare una diagnosi?
“Tutti siamo portatori sani di alcune malattie genetiche. Le ereditiamo dai nostri genitori, come il colore degli occhi o dei capelli. Queste mutazioni non hanno nessuna conseguenza sul nostro stato di salute, ma possono rappresentare un rischio nel caso in cui il nostro partner sia portatore sano della stessa malattia. In questi casi infatti potrebbe nascere un bambino malato (25% di probabilità). Se invece un partner è portatore e l’altro no, la probabilità della malattia nel figlio è molto bassa anche se non assente. Bisogna distinguere in genere due situazioni…”

Quali?
“Se in famiglia ci sono persone malate o portatrici sane di una malattia genetica già individuata la coppia viene indirizzata a un centro di genetica già prima della gravidanza per avere tutte le informazioni sulle probabilità di avere figli malati e se ci sono indagini da fare durante la gravidanza. Se invece non ci sono casi in famiglia la probabilità che la coppia sia portatrice sana si basa sui dati relativi alla popolazione italiana. Di norma i test genetici vengono eseguiti presso le strutture sanitarie in cui è presente un laboratorio attrezzato di Biologia Molecolare e Genetica, sia pubblico che privato, ma solo per persone a rischio più elevato (in famiglia ci sono persone malate o portatrici sane) rispetto alla popolazione in generale. Per le coppie a basso rischio la scelta è soggettiva e volontaria”.

È utile fare esami prenatali per malattie genetiche in particolar modo per quelle rare?
“Il Dna estratto dalle cellule fetali acquisite mediante amniocentesi o villocentesi, viene di solito esaminato per singoli geni le cui mutazioni sono causa di malattie mendeliane per le quali la coppia è a rischio. I test molecolari nel loro complesso sono aumentati negli anni. Le nuove tecnologie di sequenziamento del Dna hanno rivoluzionato i protocolli diagnostici, rendendo in teoria possibile l’analisi di tutte le malattie mendeliane. Nelle sue applicazioni allo studio del Dna fetale, questa procedura viene definita amniocentesi genomica o diagnosi prenatale con sequenziamento di seconda generazione o Ngpd (Next Generation Prenatal Diagnosis). Questa analisi consente di effettuare lo screening di circa il 50% delle malattie mendeliane (di molte malattie genetiche non è ancora noto il difetto molecolare); inoltre dallo screening sono escluse le malattie estremamente rare e quelle per le quali non viene ritenuta etica la diagnosi prenatale. La diagnosi prenatale delle malattie rare potrebbe avere un importanza su quelle patologie trasmesse da genitori portatori sani che spesso non sanno di esserlo, ma con il solo obiettivo di conoscere un eventuale condizione utile alla nascita o addirittura affrontabile già in epoca prenatale”.

Cosa deve fare un pediatra laddove non riesca a fare una diagnosi certa ?
E’ possibile che una diagnosi di malattia genetica sia difficile o tardiva. Non è raro riscontrare bambini affetti da malattie genetiche non inquadrabili nemmeno da un punto di vista terapeutico. Il pediatra che si trova di fronte una situazione del genere deve inviare il paziente presso uno dei Centri di riferimento regionali o nazionali, attrezzati alla diagnosi di malattie genetiche rare con tecnologie avanzate. Sul territorio nazionale esistono anche strutture private assolutamente in grado di assicurare tali approfondimenti, con la medesima attenzione”.

In Italia quali sono le malattie genetiche con maggior diffusione?
La fibrosi cistica è una di quelle più diffuse. Colpisce principalmente le persone di razza caucasica che sono ebrei aschenaziti. Se entrambi i genitori sono portatori vi è una probabilità del 25% che il figlio contragga la malattia. I sintomi includono difficoltà a respirare, infezioni polmonari ricorrenti, problemi digestivi e riproduttivi. La sindrome di Down è un’anomalia cromosomica comune che colpisce circa un neonato su 1.000. Comporta scarso tono muscolare nel viso, ritardi nello sviluppo, problemi al cuore e all’apparato digerente. C'è poi la muscolare di Duchenne, i cui sintoni si manifestano, in genere, entro i 6 anni di età. La malattia provoca debolezza e affaticamento muscolare, inizialmente nelle gambe e gradualmente anche nella parte superiore del corpo, costringendo le persone colpite sulla sedia a rotelle dall’età di 12 anni. Per alcune ragioni questa malattia colpisce soprattutto i maschi, con sintomi quali difficoltà cardiache e respiratorie, deformità del petto e della schiena e potenziale ritardo mentale. Ce ne sono comunque molte”.

Come si è evoluta la genetica negli ultimi anni?
“Gli sviluppi in questo settore sono in continua evoluzione: negli ultimi decenni sono nate e si sono strutturate diverse discipline scientifiche specifiche come la citogenetica, la genetica dei microrganismi e delle piante, la genetica umana e la genetica dello sviluppo. Sono stati fatti passi da gigante. Oggi è possibile analizzare i geni con una velocità tale impensabile fino a due anni fa. Le tecnologie di sequenziamento hanno posto le basi per lo studio dei geni e delle loro funzioni. La diagnosi di patologie genetiche è oggi possibile per un numero indefinito di malattie. Tali analisi aiutano i medici ed i pazienti a raggiungere, a volte, il benessere giusto grazie a terapie mirate e specifiche”.

Il sistema sanitario aiuta le famiglie nelle quali sono presenti queste patologie?
“Le famiglie possono beneficiare del Ssn rivolgendosi a quelle strutture attrezzate e dislocate nel territorio nazionale. Esistono anche strutture provate che possono soddisfare tali esigenze. La genomica nella sanità punta ad trasferire tutte le conoscenze e le tecnologie basate sul genoma, affinché si realizzino nuove politiche sanitarie ed interventi di provata efficacia per la prevenzione, diagnosi e cura delle patologie complesse. L’integrazione della genomica in sanità pubblica serve a stabilire le priorità e all’istruizione dei professionisti esperti. Attualmente uno degli aspetti cruciali che si sta ponendo ai sistemi sanitari riguarda l’impatto economico relativo alla erogazione di test genetici predittivi e di suscettibilità a malattie complesse, e a tutti gli interventi ad essi collegati. Recenti lavori scientifici mostrano come i costi imputabili ad un’inappropriata erogazione di un test genetico di suscettibilità non siano ascrivibili al solo costo del test di laboratorio, ma anche al cosiddetto ‘effetto a cascata’. Gli utenti dei test, dopo aver ricevuto il risultato, hanno bisogno di informazioni da parte di personale medico qualificato al fine di comprendere le possibili conseguenze e scelte relative al risultato del test. Quando però questo non si verifica, o se il medico curante non è nelle condizioni di saper indirizzare chiaramente l’utente, inevitabilmente prestazioni sanitarie aggiuntive in buona parte inappropriate ricadono sul sistema sanitario. Mancano oggi degli studi efficaci ed approfonditi che stabiliscano il vero impatto economico dei costi pubblici rispetto alla genetica. Esistono molte realtà private, a dir il vero non tantissime, che possono soddisfare l’esigenza e la domanda sempre più frequente riguardo le malattie genetiche”.