Non curarsi? Un costo per tutti

Ho smesso di prendere quelle pillole” è una frase conosciuta bene da chi, per motivi familiari o di altra natura, si trova a prestare assistenza agli anziani.

Il problema

Diverse sono le motivazioni che possono indurre un malato cronico a interrompere arbitrariamente la terapia: inconsapevolezza delle conseguenze sulla salute; convinzione che i benefici siano inferiori all'impegno richiesto per seguire la cura; complessità nella gestione dell'assunzione di farmaci (in particolare quando sono diversi) nel lungo periodo; condizioni cliniche che rendono il paziente poco vigile; convinzioni personali errate o irrazionali; perdita di sfiducia sull'efficacia del trattamento. Ognuna di queste rappresenta una minaccia, non soltanto per il paziente, ma per la tenuta dello stesso sistema sanitario. 

Prescrizioni ignorate

Se ne è parlato durante la conferenza di presentazione del progetto nazionale “Io aderisco, tu che fai” – promosso dal Comitato italiano per l'aderenza alla terapia (Ciat) – andata in scena nella sala “Caduti di Nassirya” di Palazzo Madama a Roma. Coloro che interrompono o non seguono le cure farmacologiche prescritte superano il 70% fra gli anziani, che spesso sono colpiti da diverse patologie e hanno difficoltà a seguire tutte le indicazioni del medico. Basti pensare che l'11% degli anziani deve assumere, ogni giorno, 10 medicine o più. Il probema della “non aderenza”, poi, non riguarda solo le terapie farmacologiche ma anche i consigli per adottare uno stile di vita sano. In generale, ogni atto medico che finisce con modificare in modo sostanziale le abitudini di vita del paziente incontra una resistenza nel lungo periodo. In Italia, ad esempio, solo il 57,7% dei pazienti segue costantemente terapie contro l'ipertensione, il 63,4% quelle per il controllo del diabete, il 40,3% quelle antidepressive, il 13,4% quelle contro le sindromi ostruttive delle vie respiratorie e il 52,1% le cure contro l'osteoporosi.

Sprechi

Il problema comporta dei costi enormi per l'erario. Negli Stati Uniti gli sprechi ammontano a 100 miliardi di dollari l'anno, in Europa, invece, il costo del fenomeno è di 125 miliardi di euro ogni anno. Senza contare i 194.500 decessi. In generale, ha spiegato Ranieri Guerra – Assistant director general per le iniziative speciali dell'Oms – “la perdita economica valutativa dovuta a malattie croniche ammonterà a 47 trilioni di dollari nel prossimo ventennio”. Cifra che rappresenta il 75% del pil globale del 2010. In Italia, ha sottolineato Filippo Anelli – presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurgi e degli odontoiatri (Fnomceo) – la gestione della “cronicità assorbe il 70% della spesa pubblica socio-sanitaria“. Secondo i dati del Centro studi Sic-Sanità in cifre di Federanziani, invece, diagnosi precoce e sviluppo sull'aderenza alla terapia possono determinare fino a 19 miliardi di euro di risparmio per il Ssn e un significativo miglioramento in termini di salute per l'intera popolazione dei malati cronici.  

Sensibilizzazione

Il progetto del Ciat, ha affermato il vicepresidente Mauro Boldrini, che ha moderato la conferenza, “coinvolge tutti i clinici che ogni giorno affrontano il problema, fra cui cardiologici, oncologi, medici di famiglia, reumatologi, pediatri, oculisti, dermatologi, penumologi, urologi e psichiatri”. Per sensibilizzare i nipoti – che possono rappresentare un valido aiuto ai nonni – “sarà attivato nelle prossime settimane un concorso nelle scuole superiori rivolto alle studenti del biennio” in collaborazione con il Miur. I più giovani, ha aggiunto il presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) Paolo Basci: “diventeranno adulti più consapevoli del ruolo della corretta assunzione dei trattamenti”. 

Terapie innovative

Terapie innovative, ha evidenziato il prof. Paolo Marchetti (Direttore di Oncologia medica B dell'Umberto I di Roma, “consentono di cronicizzare anche malattie gravi come i tumori. Ogni giorno in Italia più di 510 nuovi casi di cancro riguardano gli over 70. Ma solo il 48,4% delle donne e il 48,1% degli uomini di questa fascia di età sono vivi a cinque anni dalla diagnosi”. Garantire a tutti i pazienti “l'accesso a farmaci innovativi“, tuttavia, “è condizione necessaria ma non sufficiente se non si migliora l'aderenza”. Il vicepresidente della Società italiana di reumatologia (Sir), prof. Guido Valesini, ha spiegato che “l'eccessivo carico di lavoro cui sono spesso sottoposti i medici” possono portare a “spiegazioni troppo veloci e, talvolta, superficiali dei motivi che stanno alla base di una prescrizione faramacologica”. Da qui la necessità “di una vera e propria rivoluzione culturale”.

Anziani

La conclusione dei lavori è spettata a Roberto Messina, Presidente senior Italia di Federanziani. L'allungamento dell'aspettativa di vita in Italia, ha evidenziato, è stata influenzata “dai progressi della ricerca in medicina, dalle terapie innovative, dalle diagnosi precoci e dalle campagne di prevenzione”. L'Italia è al secondo posto in Europa per “indice di vecchiaia, con intuibili conseguenze sull'assistenza sanitaria a causa del numero elevato dei malati cronici”. L'aderenza alle terapie è dunque “fondamentale per la sostenibilità del Ssn”. Anche per questo è stata depositato il ddl per l'istituzione, il 12 aprile, della “Giornata nazionale dell'aderenza alle terapie”.