Meduse che uccidono

Mia figlia è morta fra le mie braccia”. Difficile, anzi, impossibile aggiungere altro che non sia di troppo a queste parole, così dure e drammatiche da pesare ognuna come un masso. A parlare è stata la mamma di Gaia Trimarchi, la piccola nuotatrice romana rimasta vittima, il 26 luglio scorso, di una puntura letale da parte di una medusa, mentre con la sua mamma trascorreva le proprie vacanze estive nelle Filippine. Una vicenda straziante, che ha trasformato quei giorni di vacanza in un incubo dal quale sarà durissimo svegliarsi. Non è occorsa che qualche ora, infatti, perché la tossina letale presente nei sottili tentacoli di Chironex fleckeri, una 'cubomedusa' meglio nota come Vespa di mare, facesse effetto nell'organismo della bimba, portandola brevemente alla morte. Un susseguirsi di eventi nello spazio di un esiguo lasso di tempo, dalla dolorosissima puntura alla corsa, purtroppo inutile, verso l'ospedale, lontano diverse miglia dal braccio di mare teatro della tragedia, Sabitang Laya. Per la mamma di Gaia, nativa del luogo, sarebbe bastato un cartello di allerta, che segnalasse il pericolo e vietasse la balneazione in quella zona perché sua figlia potesse salvarsi.

Il dramma

Invece, quello che doveva essere un pomeriggio di spensieratezza si è improvvisamente trasformato nel peggiore dramma immaginabile: un urlo straziante della piccola, la corsa per estrarla dall'acqua e l'orrore nel vedere il gonfiore crescente a vista d'occhio della gamba punta dal celenterato. Altrettanto immediata la sensazione che si trattasse di un problema grave visto che, come spiegato dalla mamma di Gaia, la gamba ustionata dalla cubomedusa è diventata rapidamente di un innaturale colore violaceo. La famiglia, in gita su una barca, si è vista sprovvista dei più immediati mezzi di soccorso, senza un kit medico a bordo (sulla ferita sarebbe stata applicata della benzina come antidoto anziché aceto, indisponibile sull'imbarcazione e ritenuto il miglior metodo per ritardare gli effetti del veleno) e costretta poi a compiere un tragitto verso l'ospedale che ha richiesto 40 minuti. Un'odissea che non ha consentito alla piccola di sopravvivere: giunta presso la struttura ospedaliera, già allertata, i medici non hanno potuto che constatarne il decesso.

Chironex fleckeri

Una tragedia che ha sconvolto l'opinione pubblica non solo per la drammaticità dell'accaduto ma anche per la soprendente rapidità con la quale le nematocisti presenti sui 60 tentacoli della vespa di mare abbiano diffuso nel corpo della bimba il veleno letale, uno dei più mortali per l'uomo. Dolorosissima la puntura di Chironex, altrettanto i disturbi che provoca attraverso le sue tossine che, nella stragrande maggioranza dei casi, possono avere effetti tali da provocare un arresto cardiaco, passando attraverso spasmi, conati e un'orribile sensazione di calore ardente. E tutte le conseguenze dovute a una puntura di vespa di mare non hanno tardato a manifestarsi sul corpo della bimba: una sola ora è trascorsa prima che la situazione diventasse irreparabile, lasciando uno scenario di dolore nella famiglia di Gaia e una scia di dibattito sulla scarsa prevenzione che ha probabilmente contribuito al verificarsi di questa tragedia. Pare infatti che fosse noto come in quel tratto di mare vi fosse un'alta presenza di Chironex, senza che vi fosse però un'informativa precisa che la indicasse, né divieti di sorta. La bimba è stata punta in acque basse, mentre stava raccogliendo conchiglie.

Le altre meduse killer

La vespa di mare rientra nel novero delle meduse più mortali presenti nei mari terrestri e, di conseguenza, nel ristretto cerchio degli animali più pericolosi presenti al mondo, responsabile di un'elevata percentuale di decessi in relazione a punture di celenterati, specie lungo le coste australiane. L'azione delle sue nematocisti, anche se in misura maggiore, ricorda quella della simile Chironex yamaguchii, altro esemplare di medusa a scatola la cui persenza è piuttosto massiccia nel Mar del Giappone come in quello delle Filippine. Entrambe le specie, incrementano buona parte della loro pericolosità poiché presenti in acque poco profonde. Un equivoco piuttosto comune rende estremamente pericolose, anche se raramente letali, le punture di Physalia physalis, meglio nota come 'caravella portoghese', un sinoforo (ovvero un'aggregazione di quattro diversi zooidi interdipendenti fra loro) che, per il suo aspetto, è sovente identificato come una medusa. Per questo, per contrastare gli effetti della sua dolorosissima puntura, vengono applicati inefficacemente i rimedi previsti per la puntura di una Cubozoa (nome scientifico delle cubomeduse).

I celenterati del Mare nostrum

Specie fortunatamente poco o per nulla presenti nel Mar Mediterraneo (anche se la caravella portoghese ha iniziato ad avventurarvisi più frequentemente grazie al Canale di Suez) dove hanno trovato il loro habitat ideale dei celenterati ugualmente urticanti ma non letali, nonostante il grande dolore che le loro punture possono provocare. E' il caso della Velella velella o, più comunemente, Barchetta di San Pietro, specie di medusa piuttosto diffusa nel Mare nostrum e dal caratteristico colore blu. Di piccole dimensioni, la sua puntura non è in alcun modo letale e può provocare appena qualche prurito, così come nel caso della Cassiopea mediterranea, altro celenterato innocuo ma comunque urticante. Più pericolosa, anche se non mortale, la Pelagica noctiluca, nota per i suoi tentacoli estremamente lunghi e altamente ustionanti in caso di contatto, o anche la Carybdea marsupialis, la medusa a scatola diffusa nell'Adriatico e, seppure non mortale, altamente urticante e rischiosa per alcune particelle presenti sui suoi tentacoli che rendono la puntura fonte di possibili reazioni allergiche.

Veleno mortale

Specie con cui l'incontro non è certamente piacevole ma nemmeno paragonabili all'atroce 'strisciata' della Chironex e di altre meduse simili presenti nei mari tropicali. Secondo alcuni esperti, la grandezza di questi celenterati gioca un ruolo importante nel loro essere letali, in quanto “la quantità di veleno iniettata è maggiore”, come spiegato dalla biologa marina Cecilia De Donno a 'Quotidiano.net'. Per questo la tossina agisce in modo estremamente rapido, ancor di più nel corpo di un bambino. Nonostante l'azione rapidissima del veleno che, ancor prima che per arresto cardiaco, può provocare la morte per choc anafilattico, secondo la stessa biologa “l'intervento immediato aumenta le chance di sopravvivere”. Per questo, tuttora, ci si interroga sulla mancata segnalazione di pericolo sull'isola di Sabitang Laya, dove Gaia stava trascorrendo le vacanze e, soprattutto, sull'enorme difficoltà incontrata dalla famiglia per accompagnarla in ospedale, senza aver avuto a disposizione nemmeno un kit di primo soccorso. Interrogativi che, se mai avranno risposta, non potranno mai lenire il dolore per una tragedia che, forse, poteva essere evitata.