E’ il robot ad operare il cuore

Ha i polsi che ruotano a 360 gradi, le mani salde e fermissime, gli occhi capaci di scorgere dettagli invisibili alla vista umana. I super poteri del robot “da Vinci X” (l'ultima versione della piattaforma per interventi soft usata soprattutto in urologia, ginecologia e chirurgia generale) vengono messi al servizio del cuore all'Humanitas Gavazzeni di Bergamo. Il Dipartimento Cardiovascolare dell'ospedale, all'avanguardia nella cura del muscolo-motore fin dagli anni '60 entra così in rete con i 20 centri europei, dal Belgio all'Inghilterra e dai Paesi Bassi alla Francia, dove è attivo un programma di cardio-robotica che si affianca a cardiochirurgia tradizionale, cardiochirurgia mininvasiva e cardiologia interventistica.

Per ridurre al minimo il trauma

“E' l'unico caso italiano”, dichiarano all’Adnkronos gli esperti della struttura. Con l'aiuto dell'automa, i camici verdi promettono “interventi più precisi ed efficaci ma anche più “dolci”, perché l'estrema accuratezza della mano robotica consente di ridurre al minimo il trauma dei tessuti e quindi il sanguinamento e il tempo di recupero dei pazienti”, permettendo un “rapido ritorno a una vita normale senza necessità di riabilitazione” e rendendo “quasi invisibili le cicatrici sul torace”. La tecnica verrà utilizzata per il trattamento dell'insufficienza mitralica, lo “sfiancamento” della valvola che regola il flusso sanguigno fra atrio e ventricolo nella metà sinistra del cuore. Quella che pompa sangue ossigenato verso il cervello e il resto del corpo. Il prolasso della valvola mitrale è una delle alterazioni più comuni, ricordano gli specialisti. Affligge il 2-3% della popolazione mondiale, cioè più di 176 milioni di persone, e può essere associato a insufficienza mitralica significativa, endocardite batterica, scompenso cardiaco e morte improvvisa in alcuni casi asintomatici. Respiro difficile dopo uno sforzo, sensazione di grande affaticamento e palpitazioni sono i principali segnali-spia. Considerata la progressione della patologia, dopo i 50 anni i medici raccomandano un controllo ecocardiografico anche in assenza di sintomi. Il protagonista della “operazione da Vinci” in Humanitas Gavazzeni è Alfonso Agnino, cardiochirurgo specializzato da oltre 10 anni nell'uso di tecniche mininvasive video-assistite.

Percorso formativo

“La cardiochirurgia robotica – spiega all’Adnkronos il responsabile di Cardiochirurgia robotica e mininvasiva all'ospedale bergamasco – è un'opzione ancora poco diffusa in Italia, ma una realtà già consolidata in Stati Uniti, Cina, Francia, Germania ed Europa del Nord”. E' manifestazione della medicina del futuro, in cui la macchina potenzia le capacità dell'équipe per realizzare quello che fino a ieri sembrava impossibile, come riparare una valvola di pochi millimetri eseguendo incisioni non più grandi di quelle con cui i dermatologi rimuovono i nei. “Questo – precisa all’Adnkronos- a fronte dell'acquisizione di capacità tecniche che implementano il percorso formativo di tutto lo staff della sala operatoria”. Per il nuovo impiego del robot, infatti, è cruciale la preparazione dell'intera squadra di professionisti di sala operatoria, che comprende non solo il cardiochirurgo, ma anche anestesisti, perfusionisti, infermieri e operatori socio sanitari. Il team di Agnino ha seguito un training specifico alla Orsi Academy di Melle in Belgio, Centro di addestramento europeo specializzato in formazione per la chirurgia robotica (www.orsi-online.com), e all'ospedale Nemocnice Na Homolce di Praga in Repubblica Ceca (www.homolka.cz), sotto la guida di maestri internazionali di robotica. Agnino ha inoltre portato a termine un training universitario specifico di simulazione robotica con gli ex piloti dell'aviazione militare francese allo Stan Institute di Nancy (https://stan-institute.com). Ma come avviene l'intervento di cardiochirurgia robotica? Prevede quattro incisioni di 8 millimetri e uno o due tagli sotto-ascellari da 1,5 centimetri.

Controlli periodici in ambulatorio

Durante la procedura, l'ecografia transesofagea guida in sicurezza il passaggio degli strumenti attraverso le strutture del torace precedentemente studiate in fase diagnostica. Più nel dettaglio, i principali benefici sono una ridotta perdita di sangue che si traduce in stabilità dei valori dell'emoglobina e in una minore necessità di ricorrere a trasfusioni; il recupero più rapido delle funzioni, con un decorso post-operatorio non complicato che prevede 24 ore di degenza in Terapia intensiva contro le 48 previste per la chirurgia mininvasiva video-assistita; generalmente nessun periodo riabilitativo. Normalmente il paziente viene dimesso dopo 4 giorni; dopo 15 fa una visita e successivamente controlli ambulatoriali periodici. “Lo sviluppo delle tecniche chirurgiche mininvasive – afferma all’Adnkronos Paolo Panisi, responsabile della Cardiochirurgia di Humanitas Gavazzeni – ha consentito di migliorare la qualità di vita dei pazienti grazie al minor impatto di queste tecniche a livello fisico e psicologico. La cardiochirurgia robotica segna un'ulteriore evoluzione del gesto chirurgico mininvasivo“. Con un impatto evidente a chi segue i malati dopo  l'intervento: “I pazienti sottoposti a intervento di cardiochirurgia robotica si sono dimostrati più stabili per quel che riguarda l'entità del dolore postoperatorio, il volume totale di perdite ematiche e il ripristino di una normale funzione respiratoria – riferisce Giovanni Albano, responsabile di Anestesia e Terapia intensiva alla Gavazzeni – Situazioni cliniche che possiamo ricondurre alla minore invasività tissutale e alla maggiore precisione del gesto chirurgico proposto dalle tecniche mininvasive robotiche”.

Nel segno di Leonardo

“Il robot da Vinci – commenta all’Adnkronos Alberto Cremonesi, responsabile di Cardiologia e coordinatore del Dipartimento Cardiovascolare – chiude il cerchio delle possibilità terapeutiche con cui il Dipartimento risponde alle necessità del singolo paziente. Humanitas Gavazzeni crede nell'innovazione tecnologica e investe per poter garantire la cura del cuore a 360 gradi, con un approccio che tiene conto delle specificità di ogni malato. In questo senso il robot è una nuova frontiera del ventaglio terapeutico disponibile ad oggi nel mondo, accanto alle tecniche chirurgiche classiche e alle procedure interventistiche”. L'avvio della robotica nell'ospedale bergamasco si inserisce nel programma di sviluppo del Dipartimento Cardiovascolare che già negli anni '70 (con big quali Vincenzo Baldrighi, Mario Viganò, Daniel Guilmet e Lucio Parenzan)  è stato un punto di riferimento internazionale nel settore. Intanto la robotica sposa l'intelligenza artificiale per assistere persone anziane o con disabilità. A Roma sono stati premiati i vincitori del contest “Make to Care”, promosso alla Maker Faire da Sanofi Genzyme, giunto alla sua quarta edizione, e finalizzato a far emergere e facilitare la realizzazione, nonché la diffusione, di soluzioni innovative e utili a incontrare i bisogni reali delle persone affette da qualunque forma di disabilità, intesa come qualsiasi diminuzione marcata della qualità della vita a causa di patologie o eventi traumatici.

Al servizio della disabilità

Un bastone bianco “hi-tech” con due dispositivi in microelettronica ultraleggera che ne illuminano l’estremità e lo rendono ricettivo ai messaggi vocali di autobus, semafori e negozi. E un servizio che integra intelligenza artificiale, telecamere e rete 5G per orientare e condurre il viaggiatore con disabilità visiva verso luoghi di suo interesse in tutta sicurezza, indicando marciapiedi, strisce pedonali e ostacoli. Sono rispettivamente Letismart e Tourist eyes, i progetti che hanno prevalso sulle altre scoperte nell’iniziativa per incoraggiare e supportare lo sviluppo di soluzioni innovative che rispondano ai bisogni delle persone che vivono una disabilità. A pochi giorni dalla Giornata mondiale della vista. Letismart è ideato da Marino Attini, presidente della sezione di Trieste dell’Unione italiana ciechi, ed è realizzato in collaborazione con Scen, azienda leader nel settore della microelettronica, e con il supporto dell’Unione italiana ciechi e Irifor. Tourist Eyes è un progetto di vEyes, onlus siciliana fondata da Massimiliano Salfi come progetto di ricerca per la realizzazione di ausili tecnologici per bambini con disabilità visiva, in seguito alla scoperta di una patologia rara della vista della figlia. Otto i finalisti che nella più importante fiera europea dell’innovazione tecnologica si sono sfidati a colpi di “pitch” durante la finale del contest a Roma. Tra loro, il Comitato di valutazione indipendente ha voluto premiare l’inventiva e la creatività di due soluzioni che consentono di migliorare l’autonomia delle persone con disturbi della vista.  I due vincitori si sono aggiudicati un’esperienza formativa completamente nuova in Israele, dove potranno partecipare a una settimana di incontri realizzati con il supporto dell’Ambasciata di Israele a Roma e finalizzati ad acquisire conoscenze e contatti utili a sviluppare ulteriormente le loro idee. Israele vanta infatti il più alto numero di start-up pro capite e ha oggi un ecosistema di innovazione e hi-tech molto dinamico che traina l’economia e attira investimenti. Tra i settori di punta, anche le scienze della vita e, in particolare, la tecnologia al servizio della disabilità. Inoltre nasce nella capitale il primo istituto no profit per dare corpo all'intelligenza artificiale e far incontrare chi fa ricerca in robotica con chi deve svilupparne le applicazioni. Si ispirano alla natura i robot del futuro. Un “Plantoide” per esplorare il suolo di Marte, imitando le radici delle piante. E un quadrupede capace di trascinare un aereo di 3 tonnellate e di soccorrere in una catastrofe naturale. Il neonato Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti (I-Rim) è stato presentato ai centomila visitatori di Maker Faire 2019, rassegna dell'artigianato digitale organizzato in Fiera dalla Camera di commercio di Roma. “Il futuro è la robotica per le persone, una robotica collaborativa – spiega Antonio Bicchi, presidente di I-Rim -. Come SoftHand, robusta ma flessibile, che si muove con un'intelligenza che è nella mano stessa, senza programmazione. Riuscendo così a compiere movimenti raffinati, soft appunto, come aprire una bottiglia o usare una siringa”.