Un anticorpo riduce la mortalità del coronavirus

Il farmaco sperimentale Mavrilimumab agisce bloccando una molecola, chiamata GM-CSF, che viene prodotta dal sistema immunitario e costituisce uno dei primi anelli della catena infiammatoria

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Mavrilimumab è un farmaco sperimentale ad azione immuno-soppressiva. Agisce bloccando una molecola, chiamata GM-CSF, che viene prodotta dal sistema immunitario e costituisce uno dei primi anelli della catena infiammatoria. Il farmaco è al momento in sperimentazione per l’arterite a cellule giganti e uno dei centri coinvolti è proprio il San Raffaele, con il gruppo di Dagna. Il San Raffaele, riferisce l’Ansa, ha già avviato in collaborazione con l’istituto Ortopedico Galeazzi e il Policlinico San Donato uno studio multicentrico randomizzato per valutare l’efficacia del mavrilimumab come terapia per covid-19 in una popolazione più ampia di pazienti per trarre conclusioni definitive. università

Molecola

Un solo paziente ha avuto necessità (peraltro solo momentanea) di ventilazione meccanica, corrispondente all’8% dei trattati, rispetto al 35% dei pazienti del gruppo di controllo ma, soprattutto, non si è registrato nessun decesso tra le persone che hanno ricevuto mavrilimumab, mentre nel gruppo di controllo il 27% dei pazienti non è purtroppo sopravvissuto alla malattia. “Siamo stati in grado di dimettere i pazienti trattati con mavrilimumab in media 10 giorni prima rispetto al gruppo di controllo. Lo studio dimostra ancora una volta che la componente infiammatoria gioca un ruolo fondamentale nelle forme gravi della malattia. Agire precocemente su questa componente può fare la differenza“, spiega all’Ansa Giacomo De Luca, primo nome dello studio.

Strategia

“L’idea di bloccare la molecola GM-CSF per contrastare Covid-19 è nata proprio dalla nostra esperienza sull’arterite a cellule giganti su cui avevamo già testato il farmaco. Oggi siamo i primi al mondo a dimostrare che si tratta di una strategia sicura ed efficace – afferma Lorenzo Dagna -. Sono risultati che confermano l’importanza di interferire il più in alto possibile nella cascata di segnali infiammatori che causa la malattia, ma che dovranno essere confermati in studi più ampi, in cui poter controllare l’efficacia del farmaco rispetto a un placebo“.