Strage di Capaci, sorella di Falcone: “Giovanni non voleva essere un eroe”

Maria Falcone e le istituzioni sul palco del Foro Italico di Palermo alla manifestazione per celebrare i 30 anni dalla strage di Capaci

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Murales dedicato a Giovanni Falcone (sx) e Paolo Borsellino (dx)

“Giovanni Falcone non voleva essere un eroe, ma voleva essere soltanto un magistrato che facesse soltanto il proprio dovere. Non dobbiamo pensare solo al passato, ma anche al futuro per questa nostra città”. Così Maria Falcone sul fratello Giovanni sul palco del Foro Italico di Palermo all’apertura della manifestazione per celebrare i 30 anni dalla strage di Capaci [qui il programma completo, ndr].

Saluto e ringrazio sempre il nostro Presidente della Repubblica, il cittadino più importante di Palermo – ha aggiunto Maria Falcone – la ringrazio per tornare nella della nostra città e non soltanto per il suo passato, ma anche del suo futuro. Saluto tutto le autorità: a tutti dico grazie di cuore. E grazie ai miei ragazzi delle scuole, alle insegnanti che in questi anni hanno fatto una rivoluzione copernicana”.

Le istituzioni presenti: Mattarella a Palermo

Sul palco allestito al Foro Italico partecipano il Capo dello Stato Sergio Mattarella, la presidente della Fondazione Falcone Maria Falcone, esponenti delle istituzioni come i ministri dell’Istruzione Patrizio Bianchi, dell’Interno Luciana Lamorgese, della Giustizia Marta Cartabia, dell’Università Maria Cristina Messa, degli Esteri Luigi Di Maio e il capo della Polizia Lamberto Giannini, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il procuratore di Roma Francesco Lo Voi.

Lamorgese: “Da strage di Capaci lo scatto per una società più civile”

La strage di Capaci “ha determinato uno scatto nella società civile, con quell’urlo di dolore lo Stato, le istituzioni, i cittadini hanno compreso che non si poteva accettare una violenza inaudita cone quellache c’erastata, perché la posta in gioco era altissima, era la libertà”. Così il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese alla commemorazione in corso a Palermo della strage di Capaci.

“Quella scossa sociale – ha ricordato Lamorgese- ha dato la forza allo Stato per andare avanti: sono state istituite la Dia e la Dna. È stato un punto fondamentale perché sconfiggere la mafia è possibile, non è invincibile. Falcone diceva che è un fattore umano e come tale destinato a concludersi, ma bisogna essere molto vigili, perché è capace di adattarsi “.

Sasso: “Italia non dimentica”

“Anche a distanza di 30 anni l’Italia non dimentica il sacrificio del giudice Giovanni Falcone, straordinario protagonista della lotta alla mafia e indimenticabile esempio di rettitudine, attaccamento alle Istituzioni, passione civile. Con lui, nella strage di Capaci, morirono sua moglie Francesca Morvillo, magistrato anche lei, e gli uomini della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani”. Così il sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso. “Nei terribili mesi in cui lo Stato sembrò sull’orlo della capitolazione di fronte all’attacco feroce della criminalità organizzata, le forze migliori del Paese seppero contrapporre alla barbarie la forza e la solidità dei valori democratici. Il mondo della scuola fu tra gli artefici di quella riscossa civile e, ancora oggi, rappresenta il luogo ideale in cui preservare e trasmettere la memoria e gli insegnamenti di Giovanni Falcone, il rispetto della legalità, il ripudio per qualsiasi forma di violenza e sopraffazione”.

Anm: “Impegno tutti i magistrati a difesa democrazia”

Nel trentennale della strage di Capaci, di “quel tremendo attentato, che volle colpire il Magistrato simbolo della lotta alla criminalità organizzata, esempio di intransigenza, coraggio e determinazione”, l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ricorda di Giovanni Falcone “il grande valore professionale, lo straordinario acume investigativo, la moderna visione di un’azione sinergica e coordinata delle Forze dell’ordine, ma anche l’altissima tensione morale, la fervida intelligenza e la costante disponibilità verso gli altri”.

Uomo delle Istituzioni, con un profondo senso dello Stato – sottolinea la giunta dell’Anm in una nota – ha vissuto, lavorato e poi pagato con la vita il suo forte sentimento di giustizia, per una società libera dalla prepotenza e dall’oppressione delle mafie. L’emozione, lo sdegno, il grido di dolore suscitati da quella vile strage, seguita solo due mesi dopo dall’attentato a Paolo Borsellino, hanno spezzato le catene della paura e del silenzio ridestando la società civile”. In questo giorno, di “memoria contro la mafia, l’Associazione Nazionale Magistrati vuole ribadire ancora una volta l’incessante impegno di tutti i magistrati a difendere i principi di democrazia e legalità su cui si fonda la Costituzione, ricordando, con le parole di Falcone, che ”gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”

Giannini (Presidi): “Continuare a parlare a giovani di legalità”

“Il trentesimo anniversario della strage di Capaci nella quale persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta ci ricorda che dobbiamo continuare a parlare di legalità e a insegnarla non solo con le parole ma soprattutto con l’esempio. Le giovani generazioni non hanno un ricordo diretto di quel giorno terribile ma dobbiamo far sì che sappiano cosa avvenne”. Lo dice il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli.

Continua il Presidente dell’Anp: “Dobbiamo raccontare di quel magistrato che, pur sapendo cosa stava rischiando, non ha mai smesso di impegnarsi con onestà, caparbietà e coraggio nel suo difficile lavoro. Questo perché le cose stanno proprio come diceva Falcone, ‘Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini’. E perché, come Paese, non possiamo permetterci di dimenticare quelle idee e abbassare la guardia. Credo che noi, da uomini e donne di scuola, possiamo farle camminare anche facendo bene il nostro lavoro, combattendo quella povertà educativa e quell’abbandono scolastico che, in molte aree disagiate del nostro paese, forniscono giovani braccia alla criminalità organizzata”.

“Questo anniversario, il trentesimo, è più toccante dei precedenti. Anch’io, come moltissimi, ricordo dov’ero quando ricevetti quella tremenda notizia e l’immediata sensazione di dolore e sgomento. Una sensazione che si sarebbe ripetuta meno di due mesi dopo, con l’attentato nel quale persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Dobbiamo far sì che le giovani generazioni conoscano quegli avvenimenti e le loro conseguenze, per continuare a combattere la stessa battaglia di legalità di Falcone e Borsellino, onorarne la memoria e trarne un insegnamento che li aiuti a fare le scelte giuste. È una responsabilità condivisa da tutti noi oltre che un impegno specifico per chi opera nella scuola: solo così il sacrificio di quei grandi italiani non sarà stato inutile”, conclude Giannelli.