Primo attacco Usa in Siria: uccisi combattenti filo iraniani

Distrutto diverse strutture al confine siriano. E' la prima operazione militare dell'amministrazione Biden, a 37 giorni dal suo insediamento

Siria
Un raid in Siria (immagine di repertorio)

Gli Stati Uniti hanno lanciato nella notte un attacco aereo in Siria contro obiettivi filo-iraniani, prendendo di mira infrastrutture delle milizie appoggiate dall’Iran.

Diciassette morti

L’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo ha rivelato che almeno 17 combattenti pro-Iran sono stati uccisi in seguito all’attacco. “Gli attacchi hanno distrutto tre camion di munizioni (…) ci sono molti morti. Secondo un primo bilancio sono rimasti uccisi almeno 17 combattenti, tutti di Hachd al-Chaabi”, ha concluso il direttore dell’Osservatorio, Rami Abdel Rahmane.

Prima operazione militare di Biden

E’ la prima operazione militare dell’amministrazione Biden, a 37 giorni dal suo insediamento, evidenzia Rai News.

“I raid hanno distrutto diverse strutture al confine, utilizzate da una serie di milizie filo iraniane”, precisa il portavoce del Pentagono John Kirby. “Invia un messaggio inequivocabile: il presidente Biden agirà per proteggere il personale della coalizione americana. Allo stesso tempo – rimarca Kirby – abbiamo agito in modo deliberato puntando a calmare la situazione sia nella Siria orientale e sia in Iraq”.

Il Pentagono spiega che il raid, ordinato da Joe Biden e sferrato dopo aver consultato gli alleati, è in risposta all’attacco missilistico in Iraq dello scorso 15 febbraio nel quale ha perso la vita un contractor civile mentre militari statunitensi e di altre forze della coalizione sono rimasti feriti.

Lo scorso 15 febbraio i missili erano stati lanciati da un’area a sud di Erbil, vicino al confine con la provincia di Kirkuk. L’attacco è stato rivendicato da un gruppo sciita che si fa chiamare Awliyaa al-Dam, o Guardiani del Sangue. L’Iran nega di avere legami con queste milizie.

Washington aveva condannato l’attacco dello scorso 15 febbraio contro la base statunitense nella regione del Kurdistan iracheno, ma senza accusare nessuno e affidandosi all’Iraq per l’inchiesta. “Aspettiamo che l’indagine venga completata – dichiarò  Kirby – e allora avremo più dire, e lo faremo”.