Se si spegne la vita spirituale, si fermeranno le braccia che aiutano i più poveri

La delicata situazione delle Chiese di tutto il mondo, chiuse ai fedeli per il rispetto delle norme anti-contagio ma in difficoltà per il crollo delle offerte

L’impegno al servizio dei poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”. Nelle parole conclusive del comunicato della Conferenza episcopale italiana, in merito al disaccordo sul prolungamento del divieto di celebrare le messe, mettono in evidenza l’incapacità dei cosiddetti esperti e della politica di comprendere la portata del contributo fondamentale che la Chiesa ha profuso, durante la pandemia, per la tenuta del tessuto sociale italiano.

Al di là dell’indicibile sofferenza dei fedeli che sono stati privati dell’eucarestia, non serve essere un credente per comprendere quanto sia importante tenere viva e accesa la vita spirituale del popolo Dio anche per continuare ad avere i frutti della carità, che si riversano per tutte le famiglie italiane.

Insomma è grave che i tecnici non capiscano che non si possono “viralizzare” la Chiesa e i sacramenti, come aveva detto Papa Francesco, ma facendo due conti della serva possono facilmente comprendere che se crolla il ramo delle parrocchie e delle donazioni che vengono elargite durante le cerimonie e la normale vita di comunità viene già tutto l’albero dell’assistenza sociale. Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Ricciardi è stato chiarissimo: “Qui è in gioco la Chiesa, la vita della comunità cristiana, la sua rete solidale favore degli ultimi”. Insomma se si spegne la vita spirituale vengono meno anche le motivazioni per muovere le braccia verso i più fragili e bisognosi. D’altra parte la Chiesa nella storia ha avuto un ruolo determinate nel superamento delle crisi, che siano state legate a questioni sanitarie, economiche o belliche.

Un effetto di questa mancata comprensione, figlia anche di pregiudizi ideologici, già lo si è visto sulle scuole paritarie cattoliche che accolgono 900mila alunni, danno lavoro ad oltre 140mila dipendenti e fanno risparmiare allo stato circa 6 miliardi di euro l’anno, visto il costo standard per alunno che lo stesso Ministero dell’Istruzione calcola in 6800 euro l’anno. Ebbene per questa parte del sistema pubblico integrato dell’istruzione lo Stato ha riconosciuto appena 2 milioni di euro di sussidi per l’emergenza coronavirus, appena 1200 euro ad ognuna delle 13mila scuole paritarie.

Queste dinamiche purtroppo si registrano anche in altri Paesi del mondo, dove le Chiese locali stanno facendo ogni sforzo possibile per continuare il servizio di assistenza malgrado il crollo delle offerte. Il cardinale Maurice Piat, vescovo della diocesi di Port-Louis, nelle Mauritius, ha lanciato un appello alla generosità e alla solidarietà dei fedeli. Il porporato ha spiegato che dal 20 marzo, quando sono stati vietati assembramenti e celebrazioni religiose, le parrocchie – che si autofinanziano – non ricevono più questue, intenzioni per le messe e donazioni varie e non riescono a sostenere i costi per le spese correnti e per il personale.

Anche in Costa D’Avorio, la chiusura di tutte le scuole e università cattoliche, disposta il 17 marzo, è stata un duro colpo per le già fragili finanze ecclesiastiche locali. Ad ogni modo, i vescovi si stanno prodigando per evitare licenziamenti e non sospendere gli stipendi. Di qui il rinnovato appello dei presuli alla solidarietà e “all’unità nella preghiera per la rapida fine della pandemia”. Buone notizie invece dal Vietnam dove a seguito dell’allentamento delle misure di contenimento, i vescovi di tre diocesi del Paese hanno autorizzato la ripresa delle liturgie pubbliche.

“Siamo persone serie, ci teniamo alle persone. La chiesa non è luogo dei contagi. Non siamo dei superficiali e la Chiesa oltre ad essere spazio di libertà e spazio di speranza”, ha tuonato in un’intervista mons. Giovanni d’Ercole. Di fatti tutta la vita sacramentale può essere svolta nel rispetto delle norme di sicurezza: distanziamento sociale, mascherine e sanificazione degli ambienti. Ritenere che il popolo di Dio non sappia applicarle significherà prolungare la disperazione di tutto il Paese con concrete conseguenze sociali che saranno ogni giorno più pesanti.