Rogo Thyssen, rigettato il ricorso dei manager tedeschi

Dovranno scontare cinque anni di reclusione i due manager tedeschi di Thyssenkrupp, accusati di omicidio colposo e incendio doloso per negligenza nell'ambito del processo relativo alla tragedia del 6 dicembre 2007, quando in un incendio scoppiato negli stabilimenti torinesi del gruppo tedesco persero la vita sette operai. Il Tribunale regionale superiore di Hamm, in Germania, ha infatti respinto il ricorso in Appello presentato dai due manager, già condannati in Italia rispettivamente a 9 e 6 anni, pene che il Tribunale di Essen aveva dichiarato esecutive ma adeguandole al diritto tedesco (da qui la riformulazione a cinque anni). Si chiude così un capitolo lungo ben dodici anni, l'esatto lasso di tempo trascorso dal rogo che divorò parte delle fabbriche Thyssen di Torino nella notte, provocato dall'esplosione di olio incandescente che aveva investito in pieno i sette operai che stavano coprendo il loro turno. La tragedia si consumò mentre il gruppo tentava di arginare le fiamme, finendo sulla traiettoria di una fiammata scatenata dalla rottura un tubo flessibile dell'impianto idraulico oleodinamico, carico di olio nebulizzato. Uno degli otto operai morì sul posto, gli altri dopo lunghi giorni di agonia. Solo uno sopravvisse.

L'inchiesta

Sul caso, che aveva in breve coinvolto due fra i principali manager tedeschi di Thyssen, si era già espressa nel 2016 la Cassazione italiana, che aveva confermato le condanne emesse nei confronti di sei responsabili dello stabilimento (quattro dei quali italiani, che si costituirono poche ore dopo la sentenza, iniziando a scontare la loro pena). Secondo le testimonianze di alcuni operai, infatti, vi furono diversi problemi con i sistemi di sicurezza, ad esempio gli estintori quasi vuoti e le manichette inefficienti, nonostante l'azienda abbia immediatamente smentito violazioni nelle normative di sicurezza. Dall'indagine, però, emerse che le spese per la prevenzione furono deliberatamente limitate per scelta aziendale. Ora l'ex ad Harald Espenhahn e il dirigente Gerald Priegnitz dovranno scontare i loro cinque anni di pena detentiva, ultimo atto di una lunga vicenda giudiziaria accompagnata, in questi dodici anni, dalle insistenti richieste di giustizia da parte dei familiari delle sette vittime.