Papa: “Razzismo intollerabile, ma le violenze sono sbagliate”

All'udienza generale Francesco spiega il senso autentico della preghiera come dialogo filiale con Dio, poi lancia un appello per la fine dei saccheggi e delle devastazioni nelle città statunitensi

Foto © Vatican Media

“Nostra Signora di Guadalupe, Madre dell’America, interceda per tutti coloro che lavorano per la pace e la giustizia nella vostra terra e nel mondo“, prega il Papa all’udienza generale  nei saluti ai fedeli statunitensi.

Disordini sociali

“Cari fratelli e sorelle degli Stati Uniti – ha detto Papa Francesco nell’udienza generale trasmessa in streaming dalla biblioteca del Palazzo Apostolico – seguo con grande preoccupazione i dolorosi disordini sociali che stanno accadendo nella vostra nazione in questi giorni, a seguito della tragica morte del signor George Floyd. Cari amici, non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana. Nello stesso tempo dobbiamo riconoscere che la violenza delle ultime notti è autodistruttiva e autolesionista“. Un appello, quello del Pontefice, a fermare saccheggi e devastazioni. “Nulla si guadagna con la violenza – ha evidenziato il Papa, richiamando l’appello dei vescovi statunitensi – e tanto si perde. Oggi mi unisco alla chiesa di Saint Paul e Minneapolis, e di tutti gli Stati Uniti, nel pregare per il riposo dell’anima di George Floyd e di tutti gli altri che hanno perso la vita a causa del peccato di razzismo. Preghiamo per il conforto delle famiglie e degli amici affranti e preghiamo per la riconciliazione nazionale e la pace a cui aneliamo”.

San Giovanni Paolo II

Jorge Mario Bergoglio esprime, inoltre, la sua “vicinanza ai giovani che si uniscono nella veglia di preghiera e di lode nell’ambito del XXIV Incontro dei Giovani Lednica 2000. Questa volta in pochi potranno radunarsi fisicamente accanto alle fonti battesimali della Polonia, ma tanti potranno parteciparvi attraverso i mezzi di comunicazione. Tutti ringraziate Dio per il dono dello Spirito Santo che anima l’entusiasmo della fede e rende testimoni della gioia di quanti cercano di vivere nella luce di Cristo risorto”. “Vi accompagni il patrono di questi incontri, San Giovanni Paolo II, di cui quest’anno celebriamo il centenario della nascita. Fate vostro il suo motto: “Totus tuus” e, come lui, – esorta il Papa –vivete la giovinezza affidandovi a Cristo e alla sua Madre per proseguire con audacia verso gli orizzonti del futuro. Durante il vostro incontro farete un gesto coraggioso: darete la benedizione ai vostri genitori. Fatelo come umile gesto d’amore e di gratitudine filiale per il dono della vita e della fede“.

Preghiera

“Impariamo da Abramo a pregare con fede: ascoltare, camminare, dialogare fino a discutere, non abbiamo paura di discutere con Dio– chiede il Papa nel corso della catechesi dedicata alla preghiera di Abramo- Tante volte sento gente che mi dice ‘Mi sono arrabbiato con Dio’. Ma questa è una forma di preghiera perché solo un figlio sa arrabbiarsi col padre e poi ritrovarlo. Con Dio impariamo a parlare come un figlio col padre, ma trasparenti”. Il Pontefice descrive cammino intrapreso da Abramo sulla base di una promessa: “Una voce che lo invita a intraprendere un cammino che sa di assurdo: una voce che lo sprona a sradicarsi dalla sua patria, dalle radici della sua famiglia, per andare verso un futuro nuovo, diverso. E tutto sulla base di una promessa, di cui bisogna solo fidarsi. E fidarsi di una promessa non è facile, ci vuole coraggio. Con questa sua partenza nasce un nuovo modo di concepire la relazione con Dio”. Il Pontefice richiama l’attenzione dei fedeli sulla “grande novità nel cammino religioso dell’uomo: la vita del credente comincia a concepirsi come vocazione, chiamata, come luogo dove si realizza una promessa; ed egli si muove nel mondo non tanto sotto il peso di un enigma, ma con la forza di quella promessa, che un giorno si realizzerà. E Abramo credette alla promessa di Dio e andò, si fidò. In sintesi, possiamo dire che nella vita di Abramo la fede si fa storia, anzi Abramo ci insegna questa strada. Dio non è più visto solo nei fenomeni cosmici, come un Dio lontano, che può incutere terrore. Il Dio di Abramo diventa il ‘mio Dio’, il Dio della mia storia personale, che guida i miei passi, che non mi abbandona; il Dio dei miei giorni, il compagno delle mie avventure; il Dio Provvidenza. Io vi domando: noi abbiamo questa esperienza di Dio? Pensiamoci un po’”.

Premura

Ricorda il Pontefice che “Abramo non edifica un tempio, ma dissemina il cammino di pietre che ricordano il transito di Dio. Un Dio sorprendente, come quando gli fa visita nella figura di tre ospiti, che lui e Sara accolgono con premura e che annunciano loro la nascita del figlio Isacco”. Abramo, dice Francesco, “aveva 100 anni e sua moglie 90, ma si fidarono di Dio e Sara concepì a quell’età. Così Abramo diventa familiare di Dio, capace anche di discutere con Lui, ma sempre fedele. Fino alla prova suprema, quando Dio gli chiede di sacrificare proprio il figlio Isacco. Qui Abramo vive la fede come un dramma, come un camminare a tentoni nella notte, sotto un cielo questa volta privo di stelle. Tante volte succede anche a noi di camminare nel buio ma con la fede. Dio stesso fermerà la mano di Abramo già pronta a colpire, perché ha visto la sua disponibilità veramente totale“.