Papa: “La non-fede è abituarsi al male e limitarsi a subire”

All'udienza generale Francesco spiega perché rassegnarsi alle opere del male è l'opposto della fede. Monito del Pontefice a "non limitarsi a subire una situazione a cui ci si è adattati"

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Monito del Papa all’udienza generale: “La non-fede è limitarsi a subire una situazione a cui ci è adattati. La fede è protesta contro una condizione penosa di cui non si capisce il motivo. La fede è speranza di essere salvati; la non-fede è abituarsi al male che opprime“. 

L’esempio di Bartimeo

L’udienza generale di questa mattina si è svolta nella Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Jorge Mario Bergoglio ha iniziato un nuovo ciclo di catechesi sul tema della preghiera. Dopo aver riassunto la sua catechesi in diverse lingue, il Pontefice ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli. L’udienza generale si è  conclusa con la recita del Padre Nostro e la benedizione apostolica.  Afferma Francesco: “La preghiera è il respiro della fede, è la sua espressione più propria. Come un grido che esce dal cuore di chi crede e si affida a Dio. Pensiamo alla storia di Bartimeo, un personaggio del Vangelo. Era cieco, e stava seduto a mendicare sul bordo della strada alla periferia della sua città, Gerico. Non è un personaggio anonimo, ha un volto, un nome: Bartimeo, cioè “figlio di Timeo”. Un giorno sente dire che Gesù sarebbe passato di là. In effetti, Gerico era un crocevia di gente, continuamente attraversata da pellegrini e mercanti. Allora Bartimeo si apposta: avrebbe fatto tutto il possibile per incontrare Gesù. Così quest’uomo entra nei Vangeli come una voce che grida a squarciagola. Lui non ci vede; non sa se Gesù sia vicino o lontano, ma lo capisce dalla folla, che a un certo punto aumenta e si avvicina. Ma lui è completamente solo, e nessuno se ne preoccupa. E Bartimeo cosa fa? Grida. Usa l’unica arma in suo possesso: la voce. Comincia a gridare: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Le sue urla ripetute danno fastidio, e molti lo rimproverano, gli dicono di tacere. Ma Bartimeo non tace, anzi, grida ancora più forte: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!“. Quella espressione: “Figlio di Davide”, è molto importante; vuol dire “il Messia”, è una professione di fede che esce dalla bocca di quell’uomo disprezzato da tutti. E Gesù ascolta il suo grido. La preghiera di Bartimeo tocca il suo cuore, il cuore di Dio, e si aprono per lui le porte della salvezza. Gesù lo fa chiamare. Lui balza in piedi e quelli che prima gli dicevano di tacere ora lo conducono dal Maestro. Gesù gli parla, gli chiede di esprimere il suo desiderio (questo è importante) e allora il grido diventa domanda: «Che io veda di nuovo!”. Gesù gli dice: “Va’, la tua fede ti ha salvato“. Riconosce a quell’uomo povero, inerme, disprezzato, tutta la potenza della sua fede, che attira la misericordia e la potenza di Dio. La fede è avere due mani alzate, una voce che grida per implorare il dono della salvezza. Il Catechismo afferma che l’umiltà è il fondamento della preghiera“.

La non-fede è omertà

Prosegue Jorge Mario Bergoglio: “La preghiera nasce dalla terra, dall’humus (da cui deriva “umile”, “umiltà”); viene dal nostro stato di precarietà, dalla nostra continua sete di Dio. La fede è grido; la non-fede è soffocare quel grido, una specie di “omertà”. Cominciamo questa serie di catechesi con il grido di Bartimeo, perché forse in una figura come la sua c’è già scritto tutto. Bartimeo è un uomo perseverante. Intorno a lui c’era gente che spiegava che implorare era inutile, che era un vociare senza risposta, che era chiasso che disturbava e basta: ma lui non è rimasto in silenzio. E alla fine ha ottenuto ciò che voleva. Più forte di qualsiasi argomentazione contraria, nel cuore dell’uomo c’è una voce che invoca. Una voce che esce spontanea, senza che nessuno la comandi, una voce che s’interroga sul senso del nostro cammino quaggiù, soprattutto quando ci troviamo nel buio: “Gesù, abbi pietà di me! Gesù abbi pietà di tutti noi!”. Ma forse, queste parole, non sono scolpite nell’intero creato? Tutto invoca e supplica perché il mistero della misericordia trovi il suo compimento definitivo. Non pregano solo i cristiani: essi condividono il grido della preghiera con tutti gli uomini e le donne. Ma l’orizzonte può essere ancora allargato: Paolo afferma che l’intera creazione geme e soffre le doglie del parto. Gli artisti si fanno spesso interpreti di questo grido silenzioso, che preme in ogni creatura ed emerge soprattutto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è un mendicante di Dio”.

Dignità

Infine il Pontefice pronuncia un appello a favore del mondo del lavoro e in particolare dei lavoratori sfruttati”: In occasione del 1° maggio, ho ricevuto diversi messaggi riferiti al mondo del lavoro e ai suoi problemi. In particolare, mi ha colpito quello dei braccianti agricoli, tra cui molti immigrati, che lavorano nelle campagne italiane. Purtroppo tante volte vengono duramente sfruttati. È vero che c’è crisi per tutti, ma la dignità delle persone va sempre rispettata. Perciò accolgo l’appello di questi lavoratori e di tutti i lavoratori sfruttati e invito a fare della crisi l’occasione per rimettere al centro la dignità della persona e del lavoro“.