No del Vaticano all’aborto chimico in casa. “Contraddetta la legge 194”

Nota della Pontificia Accademia per la Vita a proposito dell'annuncio di nuove Linee Guida sull'aborto farmacologico in Italia

La pillola RU468

No all’aborto farmacologico in casa. Per la Santa Sede “occorre non rinunciare alla ricerca di modalità e strumenti più adeguati per un progetto condiviso. Accompagnamento e sostegno alla vita nascente e concepita e alle famiglie restano il banco di prova per una società attenta e sensibile. Una società che sappia costruire con sapienza e lungimiranza il proprio futuro”. 

“Aggiornamento”

Sos aborto fra le mura domestiche. “Il ministero della Salute italiano ha emanato il 12 agosto 2020 una circolare. Un aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine“, afferma la Nota della Pontificia Accademia della Vita. E prosegue: “Non saranno certo queste linee guida a cambiare le posizioni che da sempre si confrontano intorno a quella che rimane una delle questioni più dolorosamente laceranti della bioetica. Una differenza che si manifesta anche a proposito di questa legge. E cioè la normativa in vigore in Italia e con cui tutti dobbiamo misuraci“. Secondo la Santa Sede è dunque “proprio per questo che, di fronte alla scelta di modificare le linee guida del 2010, il richiamo alla 194 e al pieno rispetto di quanto in essa previsto può aiutare a chiarire il senso. E i possibili rischi di quanto è avvenuto”.

Aborto, legge inapplicata

“La legge 22 maggio 1978, numero 194, si apre con l’impegnativa affermazione che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile. Riconosce il valore sociale della maternità. E tutela la vita umana dal suo inizio- sottolinea la Nota-. In questa prospettiva, pur ammettendo in certe condizioni l’interruzione volontaria della gravidanza, lo stesso articolo 1 nega che quest’ultima possa essere considerata ‘un mezzo per il controllo delle nascite‘. L’articolo 2, parlando del ruolo dei consultori familiari, affida ad essi un ruolo ben più ampio di quello dell’informazione”. Per una scelta della quale lo Stato dovrebbe limitarsi a prendere atto. Garantendone l’attuazione attraverso la disponibilità degli strumenti “più efficaci e sicuri”. Spetta ai consultori, infatti, il compito di contribuire “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza“. Ed è anche a questo obiettivo che va quindi orientata la suddetta informazione su “diritti e servizi“.

Quale idea di civiltà?

“Ecco perché, prima di valutare le novità di queste linee guida, è importante sottolineare ancora una volta come a restare ampiamente disattesa sia rimasta la parte della legge 194 intorno alla quale poteva e potrebbe ancora essere cercata e alimentata un’idea di civiltà condivisa- sostiene la Pontificia Accademia della Vita-. Parliamo dell’impegno a dare davvero alla donna (e alla coppia) tutto il sostegno possibile per prevenire l’aborto, superando quelle condizioni di disagio, anche economico, che possono rendere l’interruzione della gravidanza un evento più subìto che scelto. In quanto esito di circostanze avverse nelle quali diventa difficile o addirittura insostenibile l’idea di avere un figlio. Sono per molti versi le circostanze sociali e culturali che hanno spinto anche l’Italia, insieme ad altri paesi e più di altri, verso l’inverno demografico del quale ormai molti cominciano a vedere tutte le conseguenze. Il declino di una efficace azione dei consultori familiari evidenzia questo disimpegno, che tende in realtà a far gravare in modo sempre più pesante sulle spalle della (sola) donna l’onere di un gesto che lascia profonde tracce nella sua biografia”.

Linee guida

Continua la Pontificia Accademia della Vita: “Questo è il contesto nel quale considerare le innovazioni introdotte con queste linee guida. La prima è il superamento del vincolo al regime di ricovero ospedaliero (peraltro facilmente aggirabile e sostanzialmente già superato in molti casi) fino alla conclusione del percorso assistenziale. Con la somministrazione del farmaco in day hospital, il vero e proprio momento di espulsione del feto può avvenire quando la donna è ritornata a casa. Nel caso che l’intensità del dolore e l’insorgenza di complicazioni, soprattutto dovute a una eccessiva emorragia, lo richiedessero, è disponibile un presidio sanitario dedicato a cui rivolgersi con urgenza. La seconda consiste nel protrarre il termine di utilizzo del farmaco dalla settima alla nona settimana. L’intervento può quindi svolgersi in una fase più avanzata della gravidanza, quando incertezza e rischio possono risultare maggiori”.