Attualità

Il coronavirus uccide il regista sudcoreano Kim Ki-duk

E’ morto, stroncato dalla COVID-19, Kim Ki-duk, un regista sudcoreano entrato nella storia del cinema con oltre venti pellicole. Lo annuncia il sito lituano delfi.lt, specificando che il regista si trovava in Lettonia per acquistare una casa a Jūrmala. La famiglia di Kim ha confermato ai giornali sudcoreani la notizia della sua morte.

Morte in Lettonia per COVID-19

Infatti, Kim Ki-duk non si sarebbe presentato all’incontro stabilito e a partire dal 5 dicembre i suoi colleghi non erano più riusciti a mettersi in contatto con lui. Era stato ricoverato all’ospedale di Riga. Per via delle leggi sulla privacy non era stato possibile ottenere nessuna informazione sul suo conto. Poi un comunicato stampa ufficiale da parte del nosocomio ha annunciato il decesso avvenuto alle 13:20, ora locale, dell’11 dicembre.

I difficili anni giovanili e l’esordio nel cinema d’autore

Nato nel 1960, Kim Ki-duk avrebbe compiuto 60 anni 20 dicembre. A 17 anni, dopo aver finito la scuola dell’obbligo, va a lavorare in fabbrica a causa della difficile situazione economica della famiglia. Appena compiuti 20 anni, si arruola in marina, dove rimane in servizio per 5 anni. Nel 1990 si trasferisce a Parigi e vive vendendo i suoi dipinti. Piano piano si avvicina da autodidatta al cinema d’autore, prima come sceneggiatore fino all’esordio alla regia con “Coccodrillo”, del 1996, dimostrando una forte impronta personale in tutte le sue opere.

Il successo e i riconoscimenti internazionali

Il successo arriva nel 2000 con “L’isola”, con cui partecipa alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e altri numerosi festival. Nel 2004 per la regia di “La Samaritana” riceve l’Orso d’Argento al Festival di Berlino e per la regia di “Ferro 3 – La casa vuota” riceve il Leone d’Argento alla Mostra Cinematografica di Venezia. Mentre nel 2011 il documentario “Arirang” vince il premio Un Certain Reg a Canardnes, e l’anno dopo alla Mostra di Venezia vince il Leone d’oro con il film “Pietà”.

Maksym Rozhkovskyy

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