Disabili psichici torturati con secchiate di acqua fredda e bastonate

Maltrattamenti e violenze inaudite ai danni di 9 disabili psichici gravi all'interno di una comunità di accoglienza di Cesate, nel milanese

Arte

Sette persone sono state sottoposte a misura cautelare con l’accusa di maltrattamenti e violenze ai danni di nove disabili psichici gravi all’interno di una comunità di accoglienza di Cesate, nel milanese.

Misure cautelari nei confronti di titolari e operatori

L’accusa di maltrattamenti, che sarebbero andati avanti dal 2017 fino ad oggi, è stata emessa dal gip di Milano al termine di un’indagine dei Carabinieri del Comando provinciale di Varese. Nello specifico, le misure cautelari riguardano i due titolari della comunità – Nadia De Fanti di 68 anni e Francesco Castoldi di 25 – ai domiciliari, e cinque operatori dipendenti. Di questi, due sono stati sottoposti ad obbligo di dimora nel comune di residenza e gli altri tre alla sospensione dell’attività per sei mesi.

Le indagini sono iniziate grazie a una segnalazione ai carabinieri di Castellanza (Varese) da parte di una dipendente temporanea della comunità allibita dinanzi alle scene di quotidiano orrore. Le vittime ora sono state tutte ricollocate dai carabinieri, con l’ausilio dell’Ats, in una struttura idonea, dove riceveranno la dovuta assistenza.

Le torture nella comunità dell’orrore

Secondo quanto emerso dalle indagini del pm Rosaria Stagnaro, gli ospiti del centro sarebbero stati sottoposti a punizioni corporali e vessazioni costanti. Nello specifico, venivano picchiati, colpiti con getti di acqua fredda, con oggetti scagliati addosso e sottoposti a continue punizioni fisiche e umiliazioni psicologiche.

Dalle immagini video e dalle intercettazioni ambientali è stato provato che gli ospiti della comunità erano obbligati a stare seduti a tavola in posizione perfettamente eretta, alcune volte con bastoni infilati nella cintura e in una bandana legata alla loro testa. Chi non resisteva, veniva costretto a saltare i pasti osservando gli altri mangiare.

La mattina, se qualcuno non si voleva alzare, veniva colpito con secchiate di acqua fredda. Durante la giornata se un ospite dava fastidio, veniva colpito con oggetti, bagnato con spruzzini o lasciato fuori dalla struttura al freddo anche per tutta la notte, durante l’inverno, tanto da provocargli ecchimosi da ipotermia.

In alcune occasioni, i malati erano costretti a sfilarsi la biancheria intima davanti a tutti e dimostrare che fosse pulita; in caso contrario venivano obbligati a lavarla a mano nei bagni.

Fai schifo, sei un animale“, una delle frasi intercettate dagli inquirenti, “quanti mesi ci hai messo per nascere? Meno di nove, perché sei un rompi….”, le parole pronunciate da un operatore a un disabile nato con una grave patologia neonatale. E, ancora, “ti faccio ricoverare, ti mando via”. Infine, chi si lamentava veniva minacciato di dover subire il “metodo Anna”, ovvero “un calcio nel c..o così forte che te lo sfondo”.