Mafia: secondo blitz in due giorni a Palermo, 8 arresti nel clan Natale

I carabinieri hanno ricostruito diverse intimidazioni, spesso con attentati incendiari, messe in atto dagli uomini del boss Giulio Caporrimo

I Carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito un’ordinanza cautelare in carcere (una ai domiciliari) emessa dal gip Lorenzo Jannelli nei confronti di otto indagati ritenuti componenti del mandamento mafioso di Tommaso Natale, accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate e danneggiamento seguito da incendio.

L’operazione antimafia denominata “Bivio 2” è stata coordinata da un pool di magistrati della Dda guidati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca. E’ la seconda in due giorni a Palermo dopo quella di ieri al mandamento mafioso di Brancaccio-Ciaculli e denominata “Stirpe-Tentacoli“. L’indagine odierna ruota attorno alla figura del boss Giulio Caporrimo, già arrestato in passato.

Il boss Giulio Caporrimo e il pizzo

Anche nel blitz antimafia di oggi sul mandamento mafioso di Tommaso Natale, così come nell’operazione di ieri sui clan di Brancaccio e Ciaculli, emerge la continua richiesta del pizzo nei confronti delle imprese che operano sul territorio.

Gli investigatori – riporta Ansa – hanno infatti accertato 11 estorsioni e due tentativi non andati a buon fine, mentre solo in due casi le vittime hanno denunciato spontaneamente le pressioni subite. I carabinieri hanno ricostruito diverse intimidazioni, spesso con attentati incendiari, messe in atto dagli uomini di Giulio Caporrimo per scalzare i concorrenti e accaparrarsi alcuni appalti. E’ il caso dell’incendio doloso ai danni di un esercizio commerciale di Sferracavallo. Un attentato che sarebbe stato ideato da Caporrimo, dal figlio Francesco e da Francesco Ventimiglia per ottenere la gestione del locale. L’attentato doveva servire a vincere la resistenza del titolare. Con un altro rogo è stato colpito un cantiere edile per la realizzazione della rete fognaria sempre a Sferracavallo.

A ideare l’intimidazione sarebbero stati Antonino Vitamia e Vincenzo Taormina per ottenere alcuni lavori in sub appalto. Anche il furgone di una ditta di costruzioni fu danneggiato dal fuoco mentre le microspie dei carabinieri registravano tutto “in diretta”.

Un’altra intimidazione colpì una società edile che stava svolgendo lavori di ristrutturazione in un immobile, con l’obiettivo di ottenere la commessa per lavori di impiantistica. Diversi gli episodi accertati anche ai danni di commercianti della zona. La cosca faceva profitti – infine – anche grazie ai cosiddetti “cavalli di ritorno”, le somme che gli uomini di Caporrimo si facevano consegnare per la restituzione di veicoli rubati.