Mafia, maxi operazione nel nisseno: fatta luce su due omicidi di “lupara bianca”

Nell'ambito delle indagini gli inquirenti hanno anche fatto luce su due omicidi con il metodo della 'lupara bianca' avvenuti nel 1984 e nel 1991

Maxi operazione antimafia nel nisseno. I carabinieri di Caltanissetta stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di oltre 50 presunti affiliati al clan Sanfilippo di Mazzarino riconducibile alla stidda gelese.

I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Caltanissetta, su richiesta della Dda. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, traffico di stupefacenti e detenzione di armi, reati aggravati dal metodo mafioso. Nell’ambito delle indagini gli inquirenti hanno anche fatto luce su due omicidi con il metodo della ‘lupara bianca’ avvenuti nel 1984 e nel 1991.

Operazione Chimera

L’operazione, denominata in codice “Chimera”, scaturisce da un’indagine condotta tra il 2017 e il 2021 dai carabinieri di Gela ed è stata avviata sulla base di elementi forniti dal Comando carabinieri Politiche Agricole e Alimentari. La retata è quella numericamente più consistente condotta dall’Arma dei Carabinieri nell’ultimo decennio in provincia di Caltanissetta e ha consentito di disarticolare la “famiglia” mafiosa di Mazzarino.

L’attività investigativa, ha consentito di ricostruire l’articolato quadro dei settori economici interessati dalle attività criminali del clan: dal traffico di sostanze stupefacenti alla percezione di contributi pubblici per l’agricoltura, ottenuti attraverso false dichiarazioni. In tale contesto, è emersa anche l’attività estorsiva ai danni di numerosi imprenditori e commercianti di Mazzarino, costretti a corrispondere somme di denaro per il sostentamento dei detenuti, a fornire gratuitamente beni e servizi ai membri del clan e ad effettuare assunzioni fittizie di affiliati.

La stidda e l’omicidio Livatino

La Stidda è un’organizzazione criminale italiana di tipo mafioso, che opera in prevalenza in Sicilia, in particolare nelle province di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa.

Il 21 settembre 1990 il giudice Rosario Livatino venne assassinato in un agguato lungo la SS 640 Caltanissetta-Agrigento da un gruppo di fuoco composto da giovanissimi stiddari di Canicattì e Palma di Montechiaro (Paolo Amico, Domenico Pace, Gaetano Puzzangaro e Giovanni Avarello) che agivano su ordine dei loro capi, Giuseppe Croce Benvenuto, Salvatore e Giovanni Calafato, Antonio Gallea, Salvatore Parla e Giuseppe Montanti, poiché credevano erroneamente che il giudice favorisse il loro nemico, il boss di Cosa Nostra Giuseppe Di Caro, e perseguisse invece la loro organizzazione con l’applicazione di pesanti misure di prevenzione e condanne.