Lombardo Pijola:”La famiglia non è mai stata in crisi come oggi”

La scrittrice racconta il patto tra le generazioni nel suo nuovo libro "L'imperfezione delle madri" (La Nave di Teseo)

“La famiglia non è mai stata come oggi in crisi, talvolta allo sbando. Ma credo che ognuno di noi possa fare una sua piccola rivoluzione, partendo da una consapevolezza lucida, dalla capacità di mettere in discussione gli stereotipi e badare ai contenuti, da un esercizio di fantasia, di generosità, di responsabilità, dalla forza motrice dell’amore. Credo si tratti in prevalenza di un lavoro a cura delle donne“, afferma a Interris.it Marida Lombardo Pijola. Giornalista, per trent’anni inviata speciale al Messaggero. Ha scritto Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi (2007), Facciamolo a Skuola, storie di quasi bimbi (2011), il romanzo L’età indecente (2009). E’ appena uscito per La Nave di Teseo L’imperfezione delle madri. È opinionista sui principali network nazionali e tiene un blog sull’Huffington Post dedicato ai temi della famiglia e delle donne. Tra gli altri riconoscimenti, ha ricevuto una targa da Telefono Azzurro per il suo impegno in favore dei minori. Pugliese, vive a Roma con suo marito e i suoi tre figli.

Come sono le madri imperfette da lei descritte nel suo nuovo libro?
“Sono donne che fanno i conti ogni momento con le loro fragilità, i loro dolori, le le loro insicurezze. Ma sono anche donne generose e coraggiose, piene di sogni, di entusiasmo, di forza interiore, prese a cercare di trasformare le rispettive perdite e le rispettive delusioni in energia per prendersi cura meglio di se stesse e di quelli che amano, per non chiudere mai le proprie storie, per mantenere sempre uno sguardo allungato sul futuro. Ognuna di loro è costretta a scontare un grumo di inquietudini e insicurezze sepolto negli strati più profondi di se stessa, un’eredità del cuore che si si sono tramandate tra loro madri e figlie, fino a chissà quanto lontano. Ognuna di loro, pur nelle differenze di caratteri, di storie, di condizione sociale e femminile, è in qualche modo l’ultimo anello di una catena di segregazioni, frustrazioni, vessazioni, violenze fisiche e psicologiche che le donne hanno subito nei secoli, e che purtroppo, non di rado, subiscono ancora. Ognuna di loro cercherà di trasformare le sue imperfezioni in talenti, in slanci, in capacità di mettersi in discussione, crescere, maturare, migliorare la qualità della propria vita e di quella degli altri, spinte da una tensione verso il cambiamento che nelle donne non si esaurisce mai”.

Nonna, figlia e nipote. Cosa le unisce e cosa le divide?

“Tra gli anni 60 e oggi, arco di tempo della narrazione, le donne hanno rivoluzionato la loro identità, il volto della società, della famiglia, del mondo del lavoro. Agata, la nonna, appartiene a un tempo in cui le donne investivano il senso della vita e l’identità sociale in un matrimonio, e dunque si spezza e va in frantumi quando viene abbandonata. Angela appartiene invece a una generazione di donne che, grazie alle loro lotte, si sono emancipate da ogni dipendenza. Tranne una: quella dal bisogno di amare e di essere amate, un’aspettativa non meno esigente di quella delle madri, che talvolta le rende vulnerabili come loro, esposte non meno di loro alla delusione e al dolore. Azzurra è una creatura del futuro, tronfia di giovinezza e di bellezza, ubriaca di progetti, capace di assumere, nel rapporto di coppia, un ruolo dominante e persino tirannico, capovolgendo il gioco delle parti subito da quelle che l’hanno preceduta. Ognuna di loro si proporrà rabbiosamente di essere differente dalla propria madre, di non ripeterne gli errori, di esorcizzarne i dolori e le imperfezioni con la diversità eversiva della propria storia. Ognuna di loro scoprirà invece che quelle tre storie sono intrecciate nel profondo, che quelle tre donne hanno in comune fragilità, delusioni, ironia, fantasia, capacità di rivoluzionare la propria vita, di non arrendersi, di rialzarsi e di ricominciare sempre. Così che alla fine-anche grazie alla rete femminile e alla capacità di includere nella storia di ognuna la storia delle altre- la famiglia si trasformerà da luogo degli agguati e dei fallimenti in luogo della speranza e di possibile riscatto. Non sarà, non è un’operazione facile”.

Papa Francesco ha chiesto un patto tra le generazioni. E’ possibile nell’universo femminile che lei racconta nei suoi libri?

“Possibile, necessario, obbligatorio, persino naturale, com’è l’istinto materno. Prendersi cura dei figli, dei genitori, degli altri, della società, del mondo, del futuro, tutti valori e beni interconnessi..Prendersi cura è uno dei grandi talenti delle donne, che assurdamente la società ha sprecato per secoli e che spreca ancora. Questo talento in qualche modo le rende tutte madri, anche quelle che non hanno figli biologici. E credo che le madri siano portate a fare da collante tra i propri genitori e i propri figli; a mediare tra differenti generazioni, a metterle in contatto, a fare da interpreti delle rispettive lingue; a oliare la cinghia di trasmissione della memoria; a battersi per l’armonia nella propria famiglia e in quella più grande dell’ intera umanità; ad accudire tutto quello che necessita di accudimento, a cominciare dall’ambiente, dalla salute, dal futuro. Le donne per istinto difendono la vita che nasce da loro. La vita significa ecologia ambientale ed ecologia umana, significa solidarietà, empatia, comunità. Significa tutela del futuro. Significa inclusione tra loro dei diversi, di razza, di genere, di generazione. Significa accoglienza. Le donne sono creature di pace. Di dialogo. Di ascolto e di attenzione. Credo che le chances del patto che invoca Francesco siano soprattutto tra le loro mani. E quindi in buone mani. Credo che proprio loro, com’è accaduto in altri tempi, sapranno trasformare persino il tempo dei coronavirus in una irripetibile occasione di recupero di umanità”.

Quali sono i fili sotterranei che, oltre ai legami famigliari, uniscono le generazioni femminili di cui lei parla?
“L’amore, necessario per sopravvivere. La dedizione integralista-ancorché “imperfetta”- nell’esperienza della maternità, biologica e non. La forza e la fragilità, intrecciate negli stessi nodi. L’ironia, ovvero la capacità di snidare sempre il lato comico della vita, di sorridere persino di se stesse e dei propri dolori. L’incapacità di fare a meno dei sogni e delle emozioni. La capacità di andarseli a cercare senza arrendersi, se vengono meno. Il coraggio di rialzarsi, sempre. Di spendere il coraggio e la fantasia per ricominciare. Di non chiudere mai le proprie storie. Di saperle intrecciare sempre con quelle delle altre, degli altri in generale”.

Le baby cubiste da lei descritte in precedenza quali situazioni vivono tra le mura domestiche? Esiste un’emergenza educativa? Perché gli oggi adulti stentano ad essere credibili agli occhi dei ragazzi?  

“Vivono, come tanti adolescenti di entrambi i generi, una crisi educativa senza precedenti, determinata in buona parte proprio dalla rottura del patto generazionale di cui parla a Francesco. Moltissimi adulti, agli occhi dei loro figli, hanno perso carisma, seduttivita’, capacità di proporre stili di vita e di comportamento convincenti. Non sono più buoni modelli da imitare nella capacità di coltivare sogni, progetti, valori, rispetto degli altri e di se stessi, solidarietà, senso civico. Il fatto è che sempre di meno tutto questo è più in cima alle gerarchia di priorità delle persone, e si vede, si percepisce, per questo non ha modo di arrivare ai figli e di sedurli. Così la formazione dei più giovani avviene non più in maniera verticale, ovvero lungo la direzione di chi li ha preceduti, ma piuttosto in maniera orizzontale: i ragazzi sin da piccolissimi si formano tra loro, chiusi in un mondo alieno soprattutto digitale, un enorme “branco” virtuale che si muove con gesti meccanici, in massa”.

Qual è la funzione del branco?

“Il branco reinterpreta, con tutto l’integralismo dell’immaturità generazionale, i peggiori modelli di comportamento proposti in modo diretto o subliminale dal mondo degli adulti, e poi li diffonde come codici e requisiti per essere integrati in quel consorzio sociale. Consumismo sfrenato, anche dei propri corpi, desiderio di esibirli, di venderli e di comprarli, prepotenza, conformismo, rampantismo, individualismo, apparenza, visibilità, esibizionismo, razzismo, successo, denaro…un inventario delle peggiori patologie sociali. Dietro tutto questo, tra i ragazzi, c’è molta solitudine per mancanza di sguardi e di attenzioni competenti. C‘è molto disagio e molta rabbia, per il vuoto nel quale galleggiano, per l’assenza di fede in qualcosa e di fiducia nel futuro, di buoni progetti che lo rendano attraente o anche solo praticabile. Mi auguro tanto che questa segregazione familiare obbligatoria possa servire a conoscersi meglio, tra genitori e figli. A esplorare per la prima volta gli uni il mondo degli altri. A cercare di comprenderlo. A scoprire che la casa può essere un luogo nel quale condividere, non solo vivere. Un luogo nel quale ascoltarli, guardarsi, fare cose assieme, costruire assieme un’armonia. Credo che in ogni sciagura si annidino grande occasioni. Credo che non saremo più gli stessi, quando sarà finita. Ma spero tantissimo che magari saremo ritornati, anche in famiglia, all’ordine naturale delle cose. Un ordine più antico, più sensato, più essenziale. Un ordine migliore”.