Anniversario Livatino, Mattarella: “Necessario resistere alle intimidazioni della Mafia”

Tanti i messaggi da parte delle istituzioni civili e religiose per i 30 anni dall'assassionio di Rosario livatino, il "giudice ragazzino"

Rosario Livatino, Sostituto Procuratore della Repubblica e poi Giudice della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento, ha condotto importanti indagini contabili e bancarie sulle organizzazioni criminali operanti sul territorio e sui loro interessi economici. Egli ha, tra i primi, individuato lo stretto legame tra mafia e affari, concentrando l’attenzione sui collegamenti della malavita organizzata con gruppi imprenditoriali”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione, ha onorato la memoria del giudice Livatino, a 30 anni dall’assassinio, e ora diventato servo di Dio.

La dichiarazione su Livatino

“Consapevole del delicato ruolo del giudice in una società in evoluzione e della necessità che la magistratura sia e si mostri indipendente – scrive il Capo di Stato – egli ha svolto la sua attività con sobrietà, rigore morale, fermezza e instancabile impegno, convinto di rappresentare lo Stato nella speciale funzione di applicazione della legge”.

“Ricordare la vile uccisione di Rosario Livatino – conclude Mattarella – richiama la necessità di resistere alle intimidazioni della mafia opponendosi a logiche compromissorie e all’indifferenza, che minano le fondamenta dello stato di diritto”, afferma il Capo dello Stato.

Bonafede

Tanti i messaggi da parte delle istituzioni. Apre stamattina il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, con un post pubblicato su Facebook. “Livatino – scrive – è stato un autentico ‘eroe civile’, un uomo che ha pagato con la sua stessa vita la fedeltà agli ideali di giustizia e libertà: per lui, combattere le ingiustizie e i soprusi perpetrati dalla mafia, liberare la Sicilia dal giogo dei clan rappresentava un autentico dovere morale al servizio della collettività”.

“Oggi – sottolinea il Guardasigilli – nel giorno del trentesimo anniversario della sua morte, le istituzioni e il Paese intero hanno il dovere di ricordare un magistrato di cui dobbiamo essere orgogliosi, un servitore dello Stato la cui eredità morale e professionale è un vero e proprio faro per tutti i magistrati e, in particolare, per i più giovani che hanno deciso di intraprendere un percorso così importante per la giustizia e, in generale, per la vita democratica del Paese”. “Questa eredità – conclude Bonafede – va onorata ogni giorno in una lotta senza tregua a tutte le mafie“.

Azzolina

Il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha pubblicato un tweet in occasione del 30° anniversario dell’omicidio del “giudice ragazzino”, assassinato per mano mafiosa ad Agrigento sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale. “30 anni fa il magistrato Rosario Livatino veniva ucciso dalla mafia – scrive Azzolina -. Era giovane, a soli 38 anni le sue indagini facevano tremare la mafia siciliana. La sua dedizione al lavoro e i suoi valori sono un esempio per i giovani di oggi e per tutti noi”.

Il programma

Sarà la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella oggi pomeriggio a Palermo a solennizzare il trentesimo anniversario dell’assassinio avvenuto il 21 settembre 1990 alle porte di Agrigento del giudice Livatino. Il giudice verrà ricordato anche a Roma e Canicattì.

Stamane alle 8,30 nella chiesa S. Cuore del suffragio a Lungotevere Prati a Roma il cardinale Gualtiero Bassetti ha officiato una funzione religiosa per iniziativa del “Centro Studi Rosario Livatino“.

Alle 10,30 nella chiesa S. Domenico di Canicattì l’arcivescovo coadiutore di Agrigento monsignor Alessandro Damiano ha presieduto in sua memoria una funzione religiosa a cui è seguita a mezzogiorno in contrada S. Benedetto l’omaggio floreale alla stele.

Nel pomeriggio a Palermo al Palazzo di Giustizia il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, presenzierà ad un corso di formazione decentrata per magistrati organizzato dal Csm nel Palazzo di Giustizia dal titolo “Deontologia e professionalità del magistrato. Un binomio indissolubile. In memoria di Rosario Livatino”.

Card. Bassetti

“Rosario Livatino, di cui oggi ricordiamo il trentesimo anniversario della morte, al momento di entrare in magistratura aveva chiara coscienza della missione che si assumeva”. Lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nell’omelia della messa celebrata a Roma, presso la Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio. “Egli stesso lo afferma il 18 luglio del 1978: ‘Ho prestato giuramento – annota sulla sua agenda -; da oggi quindi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige'”.

“Le idee erano chiare fin dal principio“, ha precisato il cardinale riportato dal Sir. “Eppure possiamo ritenere che anche per lui, nella decina d’anni di esercizio della professione, la determinazione nel seguire quella che si stava sempre più prospettando come una specifica chiamata si sia fatta sempre più netta”, ha ipotizzato Bassetti, che poco prima aveva fatto un paragone con la scena ritratta da Caravaggio a San Luigi dei Francesi, raffigurante la celeberrima vocazione di San Matteo.

“Forse anche al giudice Livatino la via che l’avrebbe portato ad assumersi fino in fondo – fino al sacrificio estremo – le proprie responsabilità si trovò confermata a poco a poco, mentre svolgeva il suo lavoro, mentre non ricusava gli incarichi più esposti, mentre assisteva alla morte violenta di altri giudici stimati, mentre conosceva ogni giorno di più il tessuto profondo e talvolta malato di territori che a uno sguardo meno attento di quello di un magistrato o di un operatore di polizia possono sembrare tranquilli e laboriosi”.

“Per lui tutto questo era questione di vita o di morte, ma prima ancora di vita vera e di fede limpida”, la tesi del presidente della Cei, secondo il quel Livatino “riuscì a ritrovare una sintesi tra religione e diritto che non appare scontata, come dimostra una sua conferenza: ‘Cristo – egli affermò – non ha mai detto che soprattutto bisogna essere ‘giusti’, anche se in molteplici occasioni ha esaltato la virtù della giustizia. Egli ha, invece, elevato il comandamento della carità a norma obbligatoria di condotta perché è proprio questo salto di qualità che connota il cristiano’”.

In altre parole, “non c’è piena giustizia senza amore”, ha sintetizzato il porporato, citando Papa Francesco: “In questo modo, con queste convinzioni, Rosario Livatino ha lasciato a tutti noi un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge”.