Lavoro, Inps: “Per il 23% dei lavoratori paga più bassa del Reddito di cittadinanza”

Inps: con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l'ora, un lavoratore avrà una pensione a 65 anni di circa 750 euro

La distribuzione dei redditi tra i lavoratori dipendenti “si è ulteriormente polarizzata”, con una quota crescente di lavoratori “che percepiscono un reddito da lavoro inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza“. A indicarlo è il presidente dell’Inps Pasquale Tridico che, commentando la relazione sul XXI Rapporto annuale INPS sottolinea che “per la precisione il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese, considerando anche i part-time”, mentre “l’1% dei lavoratori meglio retribuiti ha visto un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva”.

Il 32% dei pensionati ha meno di mille euro al mese

Nel 2021, sottolinea ancora il Rapporto dell’Inps, i pensionati con redditi da pensione inferiori a 1.000 euro al mese erano il 32% del totale, pari a circa 5 milioni 120mila persone. Il dato considera gli importi lordi maggiorati delle integrazioni al minimo associate alle prestazioni, delle varie forme d’indennità di accompagnamento, della quattordicesima mensilità e delle maggiorazioni sociali associati alle prestazioni. L’Inps evidenzia che la percentuale di pensionati con reddito inferiore a 12.000 euro è però pari a 40% se si considerano solo gli importi delle prestazioni al lordo dell’imposta personale sul reddito.

Con inflazione 2022 aumento spesa pensioni per 24 miliardi

Per quanto riguarda l’aumento dell’inflazione, l’Inps stima che nel 2022, con una crescita dei prezzi che a fine anno potrebbe assestarsi sull’8%, potrebbe pesare sulla spesa per pensioni dell’Inps nel 2023 per 24 miliardi. L’istituto previdenziale spiega inoltre che sulla base dei dati al primo gennaio 2020 (quindi senza calcolare lo shock della pandemia e della guerra) il disavanzo patrimoniale dell’Inps potrebbe arrivare a 92 miliardi nel 2029. “Non esiste un problema di sostenibilità – si precisa – ma c’è un warning. Ci vuole crescita economica e produttività per un sistema in equilibrio”.

Con 9 euro l’ora versati e 30 anni di lavoro la pensione è di 750 euro

L’Inps ipotizza il futuro previdenziale della generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980), calcolando che, con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro. I più giovani – scrive Inps riportata da TgCom24 –  dovranno lavorare in media tre anni in più rispetto ai più anziani. “Se il soggetto percepisse 9 euro l’ora per tutta la vita attiva, si stima che l’importo di pensione – si legge – si aggiri sui 750 euro mensili (a prezzi correnti), un valore superiore al trattamento minimo, pari a 524 euro al mese per il 2022”.

Regolarizzazione degli stranieri aiuta la tenuta del sistema

Il presidente Tridico spiega che “una strategia aggiuntiva per rafforzare la sostenibilità del sistema è quella di programmare la regolarizzazione di nuovi cittadini stranieri per coprire i posti di lavoro non sostituiti a causa dell’invecchiamento della popolazione residente. La regolarizzazione del 2020 si è dimostrata efficace, anche se più nel settore del lavoro domestico che nel settore agricolo. Il problema dell’immigrazione straniera e della sua regolarizzazione può e deve essere inquadrato in Italia anche nella prospettiva di tenuta del sistema previdenziale del Paese“.