Iran, un giovane manifestante condannato a morte

Secondo l’avvocato, il dimostrante, sarebbe stato costretto a confessare dopo l’arresto da parte della polizia morale

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Nelle manifestazioni di protesta attualmente in corso in Iran, un uomo di 35 anni di nome Javad Rouhi, dopo essere stato catturato dalle locali forze di sicurezza, è stato condannato a morte per tre distinte accuse, tra cui ‘blasfemia’ perché avrebbe bruciato il Corano e insultato la santità durante proteste che si sono tenute nella città settentrionale di Noshahr a fine settembre.

Le parole dell’avvocato difensore

Le accuse sono state rese note dall’avvocato Majid Kahve, difensore di Rouhi il quale, attraverso Twitter, ha aggiunto che, gli altri reati per cui è stato condannato a morte sono ‘corruzione sulla terra’ per ‘crimini contro la sicurezza’ e ‘moharebeh’ (inimicizia contro Dio) per avere appiccato il fuoco a edifici pubblici. Inoltre, il difensore, ha aggiunto che “Rouhi è stato costretto a confessare. Non ci sono prove per le accuse e i filmati presentati in tribunali mostrano semplicemente che ha partecipato alle proteste. Faremo appello alla sentenza.”

Le altre condanne capitali

Altri due imputati nello stesso caso, entrambi diciottenni, hanno ricevuto condanne a morte a cui è possibile fare ricorso. Si tratta di Mehdi Mohammadifar, condannato due volte alla pena capitale per ‘corruzione sulla terra’ e ‘moharebeh’, e Arshia Takdastan, condannato per ‘moharebeh’. La pena capitale è già stata eseguita per quattro persone arrestate durante le proteste esplose dopo la morte di Mahsa Amini, la ventiduenne di origine curda che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Varie ong, hanno denunciato la condanna a morte per decine di manifestanti arrestati e temono che per alcuni l’esecuzione possa essere imminente.

Fonte: Ansa