Il Ponte Morandi ci ha condannati. Ora chiediamo giustizia

E'stato completato il varo del settimo impalcato del nuovo ponte di Genova, ma i nuovi piloni non potranno fare ombra alle tracce, indelebili, del Ponte Moranditestimonianza del maledetto crollo del 14 agosto 2018, che i familiari delle 43 vittime della tragedia di Genova ricordano come fosse ieri. Il dolore ha lo strano paradosso di rinnovare sempre le cose, e legarle indissolubilmente a destini di innumerevoli persone. Il Comitato Vittime del Ponte Morandi è nato con lo scopo di mettere in comunione tutti coloro che quel maledetto agosto di quasi due anni fa persero familiari e amici, nella speranza che facendosi carico un po' gli uni degli altri, quello stesso dolore possa essere più gestibile per continuare il futuro. Interris.it ha intervistato la Presidente del Comitato, Egle Possetti.

Egle, ha visto il dossier del Corriere che rileva oltre mille ponti senza gestori?
“Sì, e mi chiedo come sia possibile non sia stato fatto neanche un censimento. Sembra che siamo in una terra di nessuno, dove manca la manutenzione addirittura. Non abbiamo neanche fatto un censimento. Per questo stiamo cercando di collaborare con altre persone ed altri cittadini: per fare in modo che non si spengano i riflettori e che ci si possa riorganizzare la vita”.

Qual è la vostra attività?
“Innanzitutto, cerchiamo di riunirci quando ci sono necessità importanti. Sicuramente, stare tutti insieme ci dà la forza di continuare, perché tutti abbiamo passato la stessa cosa. Ma è anche forte il sostegno dei cittadini semplici che incontriamo. Cerchiamo di andare avanti, dando un colpo al cerchio e alla botte. Nello specifico, poi, ogni membro del Comitato segue un aspetto relativo al fatto del Ponte Morandi. Per esempio, io e mio cognato stiamo seguendo l'iter processuale”.

Quale impressione s'è fatta?
“Mi ha lasciata molto perprlessa che all'ultima udienza, pur essendo interlocutoria, ci fossero giornalisti che hanno intervistato i difensori degli imputati, mentre a noi non s'è rivolto nessuno. Sarebbe stato meglio sentire  anche noi, quello che abbiamo da dire. Credo sia anche interesse di tutti informare l'opinione pubblica. Ho la percezione, invece, che l'attenzione mediatica stia scemando e non è un bel segno. Nei momenti clou, nelle udienze processuali, dev'essere data opportuna rilevanza al miglioramento della situazione”.

Cosa la colpisce del Comitato di cui lei è presidente?
“La sensazione che, quando ci guardiamo negli occhi, sappiamo benissimo cosa sta passando l'altro. Fra noi diciamo spesso la frase: 'I primi ad essere condannati in questa tragedia siamo noi'. Senza aver fatto nulla, abbiamo avuto già una condanna, cioè la perdita dei nostri cari. Se poi non avremo giustizia. Solo la giustizia può mitigare la nostra condanna”.

Come vede il futuro della vicenda?
“Personalmente, sono molto fiduciosa e agguerrita e attenta alla fase processuale. Ad aprile prossimo ci sarà la prossima udienza. Allora, avremo la necessità di stare più vicini e supportarci”.