“Il peccato impedisce di vedere come stanno davvero le cose”

All'udienza generale il Papa esorta i fedeli ad "ascoltare la sete del bene che abita in noi" per abbandonare gli "inganni del male",

“I peccati falsano la valutazione delle cose, fanno vedere le cose che non sono vere”, avverte il Papa. All’udienza generale Francesco imposta la meditazione sull’autentico significato delle Beatitudini evangeliche. “Se abbiamo ascoltato la sete del bene che abita in noi e siamo consapevoli di vivere di misericordia, inizia un cammino di liberazione che dura tutta la vita e ci conduce fino al Cielo- afferma il Papa-. È un lavoro serio ed è soprattutto un’opera di Dio in noi (nelle prove e nelle purificazioni della vita) che porta a una gioia grande, a una pace vera e profonda”. I peccati, invece, privano le persone della capacità di valutare correttamente la propria vita e ciò che accade

Beati i puri di cuore

L’udienza generale di questa mattina si è svolta  nella Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Nel discorso in lingua italiana il Papa, riprendendo il ciclo di catechesi sulle Beatitudini, ha incentrato la sua meditazione sulla sesta: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio“. Dopo aver riassunto la sua catechesi in diverse lingue, il Pontefice ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli. “Oggi leggiamo insieme la sesta beatitudine, che promette la visione di Dio e ha come condizione la purezza del cuore“, evidenzia il Pontefice.  Dice un Salmo: “Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto“. Questo linguaggio, secondo Jorge Mario Bergoglio, “manifesta la sete di una relazione personale con Dio, non meccanica, non un po’ nebulosa, no: personale, che anche il libro di Giobbe esprime come segno di un rapporto sincero”.

Dice così, il libro di Giobbe: “Ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto“. E, puntualizza Francesco, “tante volte io penso che questo è il cammino della vita, nei nostri rapporti con Dio: conosciamo Dio per sentito dire, ma con la nostra esperienza andiamo avanti, avanti, avanti e alla fine lo conosciamo direttamente, se siamo fedeli e questa è la maturità dello Spirito“. Si chiede il Papa: “Come arrivare a questa intimità, a conoscere Dio con gli occhi? Si può pensare ai discepoli di Emmaus, per esempio, che hanno il Signore Gesù accanto a sé, ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Il Signore, prosegue il Pontefice, schiuderà il loro sguardo al termine di un cammino che culmina con la frazione del pane ed era iniziato con un rimprovero: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!”. Quello è il rimprovero dell’inizio. Ecco, secondo Jorge Mario Bergoglio, l’origine della loro cecità: “il loro cuore stolto e lento e quando il cuore è stolto e lento, non si vedono le cose. Si  vedono le cose come annuvolate. Qui sta la saggezza di questa beatitudine: per poter contemplare è
necessario entrare dentro di noi e far spazio a Dio, perché, come dice Sant’ Agostino, “Dio è più intimo a me di me stesso”.

Cambiare visione interiore

“Per vedere Dio non serve cambiare occhiali o punto di osservazione, o cambiare autori teologici che insegnino il cammino: bisogna liberare il cuore dai suoi inganni!– spiega Francesco-.Questa strada è l’unica. Questa è una maturazione decisiva: quando ci rendiamo conto che il nostro peggior nemico, spesso, è nascosto nel nostro cuore. La battaglia più nobile è quella contro gli inganni interiori che generano i nostri peccati. Perché i peccati cambiano la visione interiore, cambiano la valutazione delle cose, fanno vedere cose che non sono vere”. Senza liberarsi dagli inganni del peccato, quindi, si resta schiavi. È, dunque, importante capire cosa sia la “purezza del cuore”. Per farlo bisogna ricordare che per la Bibbia “il cuore non consiste solo nei sentimenti, ma è il luogo più intimo dell’essere umano, lo spazio interiore dove una persona è sé stessa. Questo, secondo la mentalità biblica”. Lo stesso Vangelo di Matteo dice: “Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!“. Questa “luce”, avverte il Papa, è lo sguardo del cuore, la prospettiva, la sintesi, il punto da cui si legge la realtà.

Rinnegare il male

Solo rinnegando il male è possile cambiare se stessi e la propria vita. “Cosa vuol dire cuore puro?- si chiede Francesco-. Il puro di cuore vive alla presenza del Signore, conservando nel cuore quel che è degno della relazione con Lui; solo così possiede una vita “unificata”, lineare, non tortuosa ma semplice”. Il cuore purificato è “il risultato di un processo che implica una liberazione e una rinuncia: il puro di cuore non nasce tale, ha vissuto una semplificazione interiore, imparando a rinnegare in sé il male, cosa che nella Bibbia si chiama circoncisione del cuore”. Questa purificazione interiore implica il riconoscimento di quella parte del cuore che è sotto l’influsso del male, sottolinea il Pontefice che poi racconta: “Sa, Padre, io sento così, penso così, vedo così, e questo è brutto”: riconoscere la parte brutta, la parte che è annuvolata dal male, per apprendere l’arte di lasciarsi sempre ammaestrare e condurre dallo Spirito Santo“. E prosegue: “Il cammino dal cuore malato, dal cuore peccatore, dal cuore che non può vedere bene le cose, perché è nel peccato, alla pienezza della luce del cuore è opera dello Spirito Santo. È lui che ci guida a compiere questo cammino. Ecco, attraverso questo cammino del cuore, arriviamo a vedere Dio”.

I disegni della Provvidenza

“In questa visione beatifica c’è una dimensione futura, escatologica, come in tutte le
Beatitudini: è la gioia del Regno dei Cieli verso cui andiamo- commenta Francesco-.Ma c’è anche l’altra dimensione: vedere Dio vuol dire intendere i disegni della Provvidenza in quel che ci accade, riconoscere la Sua presenza nei Sacramenti, la Sua presenza nei fratelli, soprattutto poveri e sofferenti, e riconoscerlo dove Lui si manifesta”. Questa beatitudine, secondo Jorge Mario Bergoglio, è “un po’ il frutto delle precedenti: se abbiamo ascoltato la sete del bene che abita in noi e siamo consapevoli di vivere di misericordia, inizia un cammino di liberazione che dura tutta la vita e conduce fino al Cielo”. È “un lavoro serio, un lavoro che fa lo Spirito Santo se noi gli diamo spazio perché lo faccia, se siamo aperti all’azione dello Spirito Santo”. Per questo “possiamo dire che è un’opera di Dio in noi (nelle prove e nelle purificazioni della vita) e questa opera di Dio e dello Spirito Santo porta a una gioia grande, a una pace vera“, raccomanda il Papa; “Non abbiamo paura, apriamo le porte del nostro cuore allo Spirito Santo perché ci purifichi e ci porti avanti in questo cammino verso la gioia piena”.