“Il diavolo insiste sulle miserie”

L a vita consacrata è “un dono d'amore”, è lasciare tutti “gli averi del mondo” ed “essere rapiti” dallo sguardo di Gesù, ricorda il Papa. Oggi pomeriggio alle 17, Festa della Presentazione del Signore e  24° Giornata mondiale della vita consacrata, papa Francesco ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la celebrazione della Messa con i membri degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Hanno concelebrato con il Pontefice, cardinali, vescovi e sacerdoti appartenenti a ordini, congregazioni e istituti religiosi.

Un uomo giusto e pio

Nel corso del rito, che si è aperto con la benedizione delle candele e la processione ed è proseguito con la celebrazione eucaristica, il Papa ha pronunciato un'intensa omelia. “I miei occhi hanno visto la tua salvezza: sono le parole di Simeone, che il Vangelo presenta come un uomo semplice: “un uomo giusto e pio”, dice il testo- afferma Jorge Mario Bergoglio-. Ma tra tutti gli uomini che stavano al tempio quel giorno, solo lui vide in Gesù il Salvatore. Che cosa vide? Un bambino: un piccolo, fragile e semplice bambino. Ma lì vide la salvezza, perché lo Spirito Santo gli fece riconoscere in quel tenero neonato “il Cristo del Signore“. Prendendolo tra le braccia percepì, nella fede, che in Lui Dio portava a compimento le sue promesse. E allora lui, Simeone, poteva andare in pace: aveva visto la grazia che vale più della vita, e non attendeva altro”.

Il tesoro

“Anche voi, cari fratelli e sorelle consacrati, siete uomini e donne semplici che avete visto il tesoro che vale più di tutti gli averi del mondo– evidenzia Francesco-. Per esso avete lasciato cose preziose, come i beni, come crearvi una famiglia vostra. Perché l’avete fatto? Perché vi siete innamorati di Gesù, avete visto tutto in Lui e, rapiti dal suo sguardo, avete lasciato il resto”. La vita consacrata è questa visione, secondo Jorge Mario Bergoglio: “È vedere quel che conta nella vita. È accogliere il dono del Signore a braccia aperte, come fece Simeone, ecco che cosa vedono gli occhi dei consacrati: la grazia di Dio riversata nelle loro mani”. Il consacrato è colui che ogni giorno si guarda e dice: “Tutto è dono, tutto è grazia”.

Mani piene

“Cari fratelli e sorelle, non ci siamo meritati la vita religiosa, è un dono di amore che abbiamo ricevuto- evidenzia il Pontefice-. I miei occhi hanno visto la tua salvezza. Sono le parole che ripetiamo ogni sera a Compieta”. Con esse si conclude la giornata dicendo: “Signore, la mia salvezza viene da Te, le mie mani non sono vuote, ma piene della tua grazia”. Saper vedere la grazia, sottolinea il Papa, è il punto di partenza. “Guardare indietro, rileggere la propria storia e vedervi il dono fedele di Dio: non solo nei grandi momenti della vita, ma anche nelle fragilità, nelle debolezze, nelle miserie- osserva Jorge Mario Bergoglio-. Il tentatore, il diavolo insiste proprio sulle nostre miserie, sulle nostre mani vuote: “In tanti anni non sei migliorato, non hai realizzato quel che potevi, non ti han lasciato fare quello per cui eri portato, non sei stato sempre fedele, non sei capace”.

La fedeltà

Spiega il Papa:”Noi vediamo che ciò in parte è vero e andiamo dietro a pensieri e sentimenti che ci disorientano. E rischiamo di perdere la bussola, che è la gratuità di Dio“. Perché, prosegue il Pontefice, “Dio sempre ci ama e si dona a noi, anche nelle nostre miserie. Quando teniamo lo sguardo fisso in Lui, ci apriamo al perdono che ci rinnova e veniamo confermati dalla sua fedeltà”. Oggi possiamo chiederci: “Io, a chi oriento lo sguardo: al Signore o a me?”. Chi sa vedere prima di tutto la grazia di Dio, secondo Francesco, scopre l’antidoto alla sfiducia e allo sguardo mondano. Perché “sulla vita religiosa incombe questa tentazione: avere uno sguardo mondano, è lo sguardo che non vede più la grazia di Dio come protagonista della vita e va in cerca di qualche surrogato”. E cioè, puntualizza il Papa, “un po’ di successo, una consolazione affettiva, fare finalmente quello che voglio, ma la vita consacrata, quando non ruota più attorno alla grazia di Dio, si ripiega sull’io”. Insomma, “perde slancio, si adagia, ristagna e sappiamo che cosa succede”.

Il cuore si rattrappisce 

Si reclamano i propri spazi e i propri diritti, ci si lascia trascinare da pettegolezzi e malignità, ci si sdegna per ogni piccola cosa che non va e si intonano le litanie del lamento: sui fratelli, sulle sorelle, sulla comunità, sulla Chiesa, sulla società”. Quindi, precisa Francesco, “non si vede più il Signore in ogni cosa, ma solo il mondo con le sue dinamiche, e il cuore si rattrappisce, così si diventa abitudinari e pragmatici, mentre dentro aumentano tristezza e sfiducia, che degenerano in rassegnazione: ecco a che cosa porta lo sguardo mondano”.

Restare saldi nell'amore

Raccomanda Francesco,”per avere lo sguardo giusto sulla vita chiediamo di saper vedere la grazia di Dio per noi, come Simeone”. Il Vangelo, puntualizza il Pontefice, ripete per tre volte che egli aveva familiarità con lo Spirito Santo, il quale era su di lui, lo ispirava, lo smuoveva. “Aveva familiarità con lo Spirito Santo,con l’amore di Dio”, spiega Jorge Mario Bergoglio.

In cerca di Cristo

“La vita consacrata, se resta salda nell’amore del Signore, vede la bellezza. Vede che la povertà non è uno sforzo titanico, ma una libertà superiore, che ci regala Dio e gli altri come le vere ricchezze. Vede che la castità non è una sterilità austera, ma la via per amare senza possedere- sostiene Francesco.-Vede che l’obbedienza non è disciplina, ma la vittoria sulla nostra anarchia nello stile di Gesù“.Perciò “i miei occhi han visto la tua salvezza. Simeone vede Gesù piccolo, umile, venuto per servire e non per essere servito, e definisce sé stesso servo”. Dice infatti:”Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace“.Chi tiene lo sguardo su Gesù “impara a vivere per servire”. Non aspetta che “comincino gli altri”, ma si mette in cerca del prossimo, “come Simeone che cercava Gesù nel tempio“.

L'imitazione di Gesù

“Nella vita consacrata dove si trova il prossimo?- chiede Francesco-.Anzitutto nella propria comunità. Va chiesta la grazia di saper cercare Gesù nei fratelli e nelle sorelle che abbiamo ricevuto. È lì che si inizia a mettere in pratica la carità: nel posto dove vivi, accogliendo i fratelli e le sorelle con le loro povertà, come Simeone accolse Gesù semplice e povero. Oggi, tanti vedono negli altri solo ostacoli e complicazioni“. C’è bisogno, secondo Jorge Mario Bergoglio, di sguardi che cerchino il prossimo, che avvicinino chi è distante:”I religiosi e le religiose, uomini e donne che vivono per imitare Gesù, sono chiamati a immettere nel mondo il suo stesso sguardo, lo sguardo della compassione, lo sguardo che va in cerca dei lontani; che non condanna, ma incoraggia, libera, consola”.

Il dono della vita consacrata

“Gli occhi di Simeone han visto la salvezza: la aspettavano- sostiene il Papa-.Erano occhi che attendevano, che speravano.Cercavano la luce e videro la luce delle genti. Erano occhi anziani, ma accesi di speranza. Lo sguardo dei consacrati non può che essere uno sguardo di speranza. Saper sperare. Guardandosi attorno, è facile perdere la speranza: le cose che non vanno, il calo delle vocazioni. Incombe ancora la tentazione dello sguardo mondano, che azzera la speranza”.

L'esempio di Simeone e Anna

Precisa il Pontefice: “Guardiamo al Vangelo e vediamo Simeone e Anna: erano anziani, soli, eppure non avevano perso la speranza, perché stavano a contatto col Signore“. Anna “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”.  Ecco “il segreto”, secondo Francesco:” Non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza”. infatti, avverte il Papa, “diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno, se non lo adoriamo: cari fratelli e sorelle, ringraziamo Dio per il dono della vita consacrata e chiediamo uno sguardo nuovo, che sa vedere la grazia, che sa cercare il prossimo, che sa sperare. Allora anche i nostri occhi vedranno la salvezza“.