Francia-Islam, la marcia del Bangladesh contro Macron

I manifestanti bengalesi chiedono la cacciata dell'ambasciatore francese e il boicottaggio dei prodotti transalpini. Anche Riyad e Teheran accusano Parigi

Il centro di Dhaka, capitale del Bangladesh, si trasforma in un unico grande corteo. La protesta è la stessa che, in questi giorni, ha animato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. A essere bruciata è l’immagine del presidente francese, Emmanuel Macron, al centro delle rimostranze dei Paesi a maggioranza musulmana per la sua presa di posizione contro “i separatisti islamisti” di Francia. Comunità influenzate da fomentatori fondamentalisti, accusate dal capo dell’Eliseo di aver generato un clima di terrore e violenza che ha portato, in ultimo, all’atroce uccisione del professor Samuel Paty a Parigi. Il Bangladesh è solo l’ultimo Paese, in ordine cronologico, a unirsi alla protesta già più che fomentata da Erdogan: decine di migliaia di persone sono scese in piazza, unendosi a quanto richiesto dal presidente turco. Ossia, di boicottare i prodotti francesi.

Le proteste in Bangladesh

Almeno 40 mila persone secondo la Polizia, dirette presumibilmente verso l’ambasciata francese di Dhaka. Una marcia interrotta dalle Forze dell’ordine, che hanno impedito ai manifestanti di raggiungere la sede diplomatica di Francia in Bangladesh. Nel mirino dei bengalesi, non solo la dichiarazione di Macron sul separatismo ma anche la sua difesa delle vignette satiriche. Quelle che il diciottenne ceceno responsabile dell’omicidio di Paty ha posto come motivazione per il suo gesto. Il fondamentalista aveva infatti accusato il professore di averle mostrate nella sua classe, gesto che ha scatenato la sua follia. La protesta è stata organizzata dal partito Islami Andolan Bangladesh, uno dei principali di stampo islamista del Paese. E proprio uno dei leader del partito, Baitul Mukarram Ataur Rahman, ha invocato la cacciata dell’ambasciatore francese.

Arabia Saudita e Iran

Nel frattempo, la protesta contro Macron ha interessato anche i Paesi arabi. Dopo l’altolà di Kuwait e Qatar alla vendita di prodotti francesi, anche l’Arabia Saudita fa sentire la propria voce. Il regno saudita ha fatto sapere di “respingere ogni tentativo di collegare l’Islam al terrorismo”, chiedendo che “la libertà intellettuale e culturale siano un faro di rispetto, tolleranza e pace”. L’Iran, invece, ha convocato l’incaricato d’affari di Parigi a Teheran, Florent Aydalot, per comunicare la contrarietà del Paese al sostegno del presidente francese alle vignette di Charlie Hebdo. Una posizione che la Repubblica islamica ha definito “non saggia”, spiegando che “la libertà d’espressione viene usata da Parigi per fomentare l’islamofobia e iniettare odio nel mondo”.