Francesco mette in guardia dal “fantasma dell’incredulità”

Nel messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il Papa indica quattro parole-chiave (dolore, gratitudine, coraggio, lode) per ringraziare i sacerdoti e sostenere il loro ministero

Il 3 maggio, quarta domenica di Pasqua, si celebra la 57° Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni sul tema “Le parole della vocazione”. Padre Francesco ha inviato per l’occasione un messaggio ai vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati ed ai fedeli di tutto il mondo. Afferma il Pontefice: “Specialmente in questa Giornata, ma anche nell’ordinaria azione pastorale delle nostre comunità, desidero che la Chiesa percorra questo cammino al servizio delle vocazioni, aprendo brecce nel cuore di ogni fedele, perché ciascuno possa scoprire con gratitudine la chiamata che Dio gli rivolge, trovare il coraggio di dire “sì”, vincere la fatica nella fede in Cristo e, infine, offrire la propria vita come cantico di lode per Dio, per i fratelli e per il mondo intero. La Vergine Maria ci accompagni e interceda per noi”.

Curato d’Ars

“Il 4 agosto dello scorso anno, nel 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, ho voluto offrire una Lettera ai sacerdoti, che ogni giorno spendono la vita per la chiamata che il Signore ha rivolto loro, al servizio del Popolo di Dio- sottolinea il Papa-
In quell’occasione, ho scelto quattro parole-chiave (dolore, gratitudine, coraggio e lode)
per ringraziare i sacerdoti e sostenere il loro ministero. Ritengo che oggi, in questa 57° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, quelle parole si possano riprendere e rivolgere a tutto il Popolo di Dio, sullo sfondo di un brano evangelico che ci racconta la singolare esperienza capitata a Gesù e Pietro durante una notte di tempesta sul lago di Tiberiade”. Aggiunge Jorge Mario Bergoglio: “Dopo la moltiplicazione dei pani, che aveva entusiasmato la folla, Gesù ordina ai suoi di salire sulla barca e di precederlo all’altra riva, mentre Egli avrebbe congedato la gente”. L’immagine di questa traversata sul lago, secondo il Pontefice, “evoca in qualche modo il viaggio della nostra esistenza: la barca della nostra vita, infatti, avanza lentamente, sempre inquieta perché alla ricerca di un approdo felice, pronta ad affrontare i rischi e le opportunità del mare, ma anche desiderosa di ricevere dal timoniere una virata che conduca finalmente verso la giusta rotta“. Talvolta, però, “le può capitare di smarrirsi, di lasciarsi abbagliare dalle illusioni invece che seguire il faro luminoso che la conduce al porto sicuro, o di essere sfidata dai venti contrari delle difficoltà, dei dubbi e delle paure”. Succede così, precisa il Papa, “anche nel cuore dei discepoli, i quali, chiamati a seguire il Maestro di Nazaret, devono decidersi a passare all’altra riva, scegliendo con coraggio di abbandonare le proprie sicurezze e di mettersi alla sequela del Signore“. Questa avventura, prosegue Francesco, non è pacifica: “Arriva la notte, soffia il vento contrario, la barca è sballottata dalle onde, e la paura di non farcela e di non essere all’altezza della chiamata rischia di sovrastarli”. Il Vangelo, puntualizza Jorge Mario Bergoglio, ci dice, però, che “nell’avventura di questo non facile viaggio non siamo soli: il Signore, quasi forzando l’aurora nel cuore della notte, cammina sulle acque agitate e raggiunge i discepoli, invita Pietro ad andargli incontro sulle onde, lo salva quando lo vede affondare, e infine sale sulla barca e fa cessare il vento“.

Il Papa in preghiera – Foto © Vatican News

La rotta giusta

“La prima parola della vocazione è gratitudine– sostiene il Papa-. Navigare verso la rotta giusta non è un compito affidato solo ai nostri sforzi, né dipende solo dai percorsi che scegliamo di fare”. Prosegue Jorge Mario Bergoglio: “La realizzazione di noi stessi e dei nostri progetti di vita non è il risultato matematico di ciò che decidiamo dentro un “io” isolato; al contrario, è prima di tutto la risposta a una chiamata che ci viene dall’Alto. È il Signore che ci indica la riva verso cui andare e che, prima ancora, ci dona il coraggio di salire sulla barca; è Lui che, mentre ci chiama, si fa anche nostro timoniere per accompagnarci, mostrarci la direzione, impedire che ci incagliamo negli scogli dell’indecisione e renderci capaci perfino di camminare sulle acque agitate”.

In preda alla tempesta

Ogni vocazione, secondo Francesco, nasce da quello sguardo amorevole con cui il Signore ci è venuto incontro, magari proprio mentre la nostra barca era in preda alla tempesta. Sostiene il Papa: “Più che una nostra scelta, è la risposta alla chiamata gratuita del Signore, perciò, riusciremo a scoprirla e abbracciarla quando il nostro cuore si aprirà alla gratitudine e saprà cogliere il passaggio di Dio nella nostra vita. Quando i discepoli vedono Gesù avvicinarsi camminando sulle acque, inizialmente pensano che si tratti di un fantasma e hanno paura. Ma subito Gesù li rassicura con una parola che deve sempre accompagnare la nostra vita e il nostro cammino vocazionale “Coraggio, sono io, non abbiate paura!“. Proprio questa è la seconda parola che vorrei consegnarvi: coraggio. Ciò che spesso ci impedisce di camminare, di crescere, di scegliere la strada che il Signore traccia per noi sono i fantasmi che si agitano nel nostro cuore“.

Riva sicura

“Quando siamo chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita (come il matrimonio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata) la prima reazione è spesso rappresentata dal “fantasma dell’incredulità”: non è possibile che questa vocazione sia per me; si tratta davvero della strada giusta?– osserva il Pontefice-. Il Signore chiede questo proprio a me? E, via via, crescono in noi tutte quelle considerazioni, quelle giustificazioni e quei calcoli che ci fanno perdere lo slancio, ci confondono e ci lasciano paralizzati sulla riva di partenza: crediamo di aver preso un abbaglio, di non essere all’altezza, di aver semplicemente visto un fantasma da scacciare“. Assicura Jorge Mario Bergoglio: “Il Signore sa che una scelta fondamentale di vita (come quella di sposarsi o consacrarsi in modo speciale al suo servizio) richiede coraggio. Egli conosce le domande, i dubbi e le difficoltà che agitano la barca del nostro cuore, e perciò ci rassicura: “Non avere paura, io sono con te!”. La fede nella sua presenza che ci viene incontro e ci accompagna, anche quando il mare è in tempesta, ci libera da quell’accidia che ho già avuto modo di definire “tristezza dolciastra“, cioè quello scoraggiamento interiore che ci blocca e non ci permette di gustare la bellezza della vocazione“.

Foto © Vatican Media

Camminare sulle acque

“Nella Lettera ai sacerdoti ho parlato anche del dolore, ma qui vorrei tradurre diversamente questa parola e riferirmi alla fatica– afferma il Papa-.Ogni vocazione comporta un impegno. Il Signore ci chiama perché vuole renderci come Pietro, capaci di “camminare sulle acque”, cioè di prendere in mano la nostra vita per metterla al servizio del Vangelo, nei modi concreti e quotidiani che Egli ci indica, e specialmente nelle diverse forme di vocazione laicale, presbiterale e di vita consacrata“. E scrive il Pontefice: “Assomigliamo all’Apostolo: abbiamo desiderio e slancio, però, nello stesso tempo, siamo segnati da debolezze e timori. Se ci lasciamo travolgere dal pensiero delle responsabilità che ci attendono (nella vita matrimoniale o nel ministero sacerdotale) o delle avversità che si presenteranno, allora distoglieremo presto lo sguardo da Gesù e, come Pietro, rischieremo di affondare”. Al contrario, secondo Francesco, “pur nelle nostre fragilità e povertà, la fede ci permette di camminare incontro al Signore Risorto e di vincere anche le tempeste: lui infatti ci tende la mano quando per stanchezza o per paura rischiamo di affondare, e ci dona lo slancio necessario per vivere la nostra vocazione con gioia ed entusiasmo”.

In mezzo alle onde

“Quando Gesù sale sulla barca, il vento cessa e le onde si placano– sottolinea Francesco-. È una bella immagine di ciò che il Signore opera nella nostra vita e nei tumulti della storia, specialmente quando siamo nella tempesta: Egli comanda ai venti contrari di tacere, e le forze del male, della paura, della rassegnazione non hanno più potere su di noi. Nella specifica vocazione che siamo chiamati a vivere, questi venti possono sfiancarci”. Il Pontefice pensa a “coloro che assumono importanti compiti nella società civile, agli sposi che non a caso mi piace definire “i coraggiosi”, e specialmente a coloro che abbracciano la vita consacrata e il sacerdozio“. Aggiunge il Papa. “Conosco la vostra fatica, le solitudini che a volte appesantiscono il cuore, il rischio dell’abitudine che pian piano spegne il fuoco ardente della chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futuro”. Quindi, “coraggio, non abbiate paura! Gesù è accanto a noi e,se lo riconosciamo come unico Signore della nostra vita, Egli ci tende la mano e ci afferra per salvarci. E allora, pur in mezzo alle onde, la nostra vita si apre alla lode”. È questa, conclude Jorge Mario Bergoglio, “l’ultima parola della vocazione, e vuole essere anche l’invito a coltivare l’atteggiamento interiore di Maria Santissima: grata per lo sguardo di Dio che si è posato su di lei, consegnando nella fede le paure e i turbamenti, abbracciando con coraggio la chiamata, Ella ha fatto della sua vita un eterno canto di lode al Signore“.