Caso Eitan, legali del nonno: “Mai ricevuto atto su divieto espatrio”

Garlatti: "La Convenzione dell'Aja che prevede che il minore sottratto andrebbe innanzitutto riportato nel Paese in cui viveva"

Il nono di Eitan, Shmuel Peleg

La difesa di Shmuel Peleg, il nonno materno di Eitan ai domiciliari da ieri in Israele, sostiene di non aver mai ricevuto l’atto con cui il giudice di Pavia l’11 agosto scorso aveva ordinato il divieto di espatrio per il bimbo se non accompagnato o autorizzato dalla tutrice legale, la zia Aya Biran.

I difensori, gli avvocati Sara Carsaniga, Paolo Polizzi e Paolo Sevesi, spiegano di non aver mai ricevuto gli atti del procedimento sulla tutela del minore dal 10 agosto in poi. Atti che non gli sono stati notificati, ribadiscono, e i legali lo documentano con il provvedimento con cui il giudice di Pavia aveva disposto la riconsegna del passaporto israeliano del piccolo da parte del nonno alla zia entro il 30 agosto.

“Ritenuto quindi meno l’interesse di Shmuel Peleg e di Esther Cohen [nonna materna, indagata ieri, ndr] a rimanere inseriti nel presente procedimento – si legge – e ad avere accesso agli atti esperiti successivamente al deposito telematico di detto procedimento, il giudice manda alla cancelleria perché compia quanto necessario al fine di non mantenere più inserite nel procedimento le parti indicate”.

L’arresto del nonno

Shmuel Peleg, il nonno materno del piccolo Eitan Biran, il bambino unico sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone, è finito agli arresti domiciliari nella serata di martedì per mano della polizia israeliana, dopo essere stato interrogato.

E’ accusato di aver “rapito il nipote e portato in Israele”. Il provvedimento degli arresti domiciliari è previsto fino a venerdì 27 settembre. Il bambino, secondo i media israeliani, in questo momento è a casa del nonno a Petah Tikva, non lontano da Tel Aviv e non più ricoverato allo Sheba Medical Center di Tel Aviv, come raccontato dalla nonna.

Ieri Etty Peleg, ex moglie di Shmuel Peleg e nonna materna del piccolo Eitan è stata indagata per il sequestro di persona aggravato dalla minore età.

L’ambasciatore: “Israele sarà conforme alle Convenzioni internazionali”

“Si spezza il cuore davanti agli ultimi e sorprendenti sviluppi legati al bambino Eitan Biran”, dice l’ambasciatore d’Israele a Roma Dror Eydar. L’Ambasciata d’Israele fa sapere che sta accompagnando la vicenda sin da quando si è verificato il disastro della funivia, lo scorso maggio.Le autorità israeliane – precisa l’Ambasciata – stanno seguendo il caso e se ne occuperanno in collaborazione con l’Italia, a beneficio del minore e in conformità con la legge e le Convenzioni internazionali pertinenti.

Garlatti: “Israele ha ratificato la Convenzione dell’Aja che tutela minori”

Un minore sottratto al genitore affidatario è tutelato “dalla Convenzione dell’Aja che prevede che il minore sottratto andrebbe innanzitutto riportato nel Paese in cui viveva. Può esserci un rifiuto se c’è rischio che il minore al ritorno sia esposto a pericolo fisico o psichico. Ma la Convenzione prevede anche che il minore venga sentito e che si debba tenere conto della sua opinione se è abbastanza grande”. Lo dice in un’intervista a ‘La Stampa’, senza entrare nel caso specifico del piccolo Eitan, Carla Garlatti, Autorità Garante per l’Infanzia e l’adolescenza.

“Israele ha ratificato la Convenzione e dovrebbe quindi attenersi al suo contenuto come tutti gli Stati aderenti. Però, mentre l’Italia la applica in maniera puntuale e rigorosa, ci sono Stati che tendono a privilegiare i propri cittadini in netta violazione della Convenzione. Non mi chieda quali sono perché non le risponderei” aggiunge. La Convenzione “prevede comunque un ritorno immediato entro 6 settimane, ma nella casistica che mi si è presentata nel Tribunale dei Minorenni dove ho lavorato è evidente che, chi non vuole restituire, cerchi di dimostrare che c’è un pregiudizio”.

L’apertura di un’indagine con un allungamento dei tempi “è il grande rischio. Quando si fanno indagini, i tempi possono allungarsi in una misura tale da trovarsi in situazioni in cui si prova a dire che alla fine il minore si è radicato nella nuova vita, sta bene, ha i suoi amici, va a scuola e quindi sarebbe traumatico riportarlo indietro”. Sulla base della sua esperienza, prima che si arrivi alla definizione di un caso di minore sottratto al genitore affidatario passa “almeno qualche mese. Non sono mai casi che si risolvono nelle 6 settimane stabilite dalla Convenzione dell’Aja”.