Don Diana, oggi 27 anni dall’uccisione. Fico: “Tolleranza zero sulla mafia”

Ricorrono oggi 27 anni della morte di don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra per il suo impegno anti mafia. Aveva 36 anni

Diana

Ricorrono oggi 27 anni dal brutale assassinio di don Giuseppe Diana, chiamato anche Peppe Diana o Peppino Diana, il presbitero assassinato dalla camorra a Casal di Principe il 19 marzo 1994 a causa il suo impegno anti mafia. Aveva 36 anni: era nato proprio lì, a Casal di Principe – comune casertano – il 4 luglio 1958.

L’amore per la Chiesa

Un omicidio – ricorda Vatican News – che scosse l’Italia e che fece pronunciare forti parole di dolore da Giovanni Paolo II all’Angelus del 20 marzo del 1994, quando espresse la speranza che il “sacrificio” di don Diana potesse produrre conversione, concordia, solidarietà e pace.

Un amore, quello della Chiesa per questo prete di periferia, che è stato sugellato dal bacio sulla stola di don Diana da parte di Papa Francesco, il 21 marzo 2014, quando – nel corso della Veglia per ricordare le vittime delle mafie nella chiesa di San Gregorio VII a Roma, – don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, fece indossare al Papa il paramento che don Peppe aveva poco prima di essere ucciso.

Papa Francesco bacia la stola di don Diana

Il messaggio di Fico

Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha postato un messaggio in ricordo di Don Giuseppe Diana, nell’anniversario della sua uccisione da parte della camorra.

Don Peppe – esordisce il presidente della Camera – manca molto alla sua gente: oggi più che mai, in un contesto aggravato dall’emergenza sanitaria dalla quale la criminalità organizzata tenta in tutti i modi di trarre cospicui vantaggi. Lo ha recentemente ribadito la Direzione Investigativa Antimafia nella sua Relazione: la camorra, sfruttando il disagio di famiglie e imprese, ha messo in atto forme di assistenzialismo perverso offrendo risorse economiche, sanitarie e alimentari”.

“Occorre – ha scritto Fico – l’impegno delle Istituzioni, per adottare una linea di rigore e di tolleranza zero verso ogni frode e ogni illecito nell’utilizzo delle risorse europee” da parte della criminalità in particolare per quelle che arriveranno con il Recovery Fund.

Don Peppe Diana era un prete di strada, parte attiva e integrante della sua comunità. Condivideva le preoccupazioni della sua gente, i rischi, le speranze di riscatto. Non ha mai temuto di denunciare e di scuotere le coscienze; di sollecitare i giovani a non piegarsi alle lusinghe dei criminali. Per questo venne barbaramente ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994″.

“La sua Chiesa – ricorda ancora Fico – era al servizio di tutti, soprattutto degli ultimi, anche degli immigrati africani per i quali, utilizzando i suoi risparmi personali, aveva creato un centro di assistenza per evitare che venissero reclutati dalla criminalità. Il suo impegno ha lasciato un profondo segno nella società campana”.

“L’attenzione deve essere dunque massima – prosegue Fico – anche per scongiurare ogni tentativo da parte della criminalità organizzata di drenare le risorse che verranno stanziate per il rilancio del Paese. Ciò significa che, al movimento di ‘resistenza’ delle associazioni e dei cittadini, deve affiancarsi l’impegno delle Istituzioni, per adottare una linea di rigore e di tolleranza zero verso ogni frode e ogni illecito nell’utilizzo delle risorse europee. Deve essere questo lo spirito di una buona politica che abbia a cuore le sorti non soltanto del territorio campano, ma di tutto il Paese”.

“Un impegno che renderà, seppure in parte, giustizia al sacrificio di don Peppe Diana“, conclude Fico.

M5s: “Con don Puglisi denunciava ed educava alla legalità”

“Oggi ricorre il 27esimo anniversario dell’uccisione di don Peppe Diana parroco di Casale di Principe che aveva denunciato e lottato con la camorra”, scrivono i commissari M5S della commissione parlamentare Antimafia.

“Il suo scritto ‘Per amore del mio popolo non tacerò‘ [qui il testo completo, ndr] rimane un granitico messaggio di forza e resistenza. Don Peppe, al pari di don Puglisi, non solo denunciavano ma educavano alla legalità, una vita spesa per i giovani. In questa loro azione rivoluzionaria di educazione dove hanno colpito duramente le mafie. Non solo parole ma esempio ed azioni concrete. Non si può e non si deve tacere contro le mafie, bisogna agire quotidianamente con la concretezza della cultura della legalità, la migliore arma contro violenza e prevaricazione”.