Cura Italia, “Il Covid-19 mette a dura prova noi imprenditori”

A Interris.it parla Roberto Mignemi, Amministratore delegato di Cybertech: "È un tempo per pensare alla digitalizzazione del sistema Italia"

sportelli

Tra gli imprenditori italiani l’accoglienza del decreto del governo Cura Italia è stata positiva ma non ha suscitato facili entusiasmi. Le misure adottate erano attese da diverse categorie ma servirà ben altro per rilanciare l’economia italiana dopo il fermo di tutte le attività non essenziali stabilito per combattere la diffusione del coronavirus, questa è l’opinione più diffusa tra il ceto produttivo e la classe dirigente.

Incognite per le imprese

Incognite e timori agitano dunque le imprese anche se non mancano spiragli che lasciano intravedere nuove opportunità di rilancio e ammodernamento di tutto il tessuto industriale ed economico della nostra Nazione. Ne è convito Roberto Mignemi, Amministratore delegato di Cybertech, azienda di sicurezza informatica del gruppo Engineering, con centinaia di dipendenti, che spiega ad Interris.it perché questa crisi può essere considerata una prova generale per la digitalizzazione dell’Italia e auspica un intervento senza precedenti dell’Europa per garantire liquidità a tutto il mercato.

Roberto Mignemi, Amministratore delegato di Cybertech

Da amministratore delegato di una media azienda italiana è soddisfatto del decreto del governo?
“Si può fare sempre di meglio, diciamo che però il decreto riesce ad andare incontro ad un po’ tutti i settori rispondendo alle esigenze in questo periodi di emergenza, tutte le misure sono infatti riferite a questo mese di blocco delle attività. Auspico e credo che verranno prorogate qualora il fermo venga rinnovato per un ulteriore periodo. Ma la vera sfida è un’altra…”

A cosa si riferisce?
“Il vero problema è capire l’impatto futuro della pandemia sull’economia. Cosa succederà quando finirà l’emergenza? Quali investimenti verranno varati per creare lavoro e rilanciare le aziende che sono state messe in ginocchio? Se l’Europa decide di derogare il patto di stabilità aprendo il bocchettone degli investimenti si può ripartire anche se rischiamo di alzare ancora di più il debito italiano, ma non vedo alternative senza grossi investimenti è impossibile riaccendere il motore dell’economia”.

L’accesso al credito sarà importante…
“Le banche potrebbero perfino abbassare lo risk scoring dei prestiti, ovvero per ogni cifra prestata una parte viene accantonata dalla banca in caso di insolvenza. L’Europa potrebbe consentire alle banche di accantonare una cifra minore in modo tale da consentire più prestiti per tutti. Certo che se poi le aziende e le famiglie diventassero insolventi bisognerebbe di nuovo salvare le banche, ecco perché serve un piano complessivo di sostegno all’economia”.

Come ha accolto la misura del decreto che sospende i contributi per le imprese sotto ai 2 milioni di euro di fatturato?
“La misura non riguarda le realtà come la nostra che fatturano di più e comunque il pagamento è solo rinviato a giugno. Tuttavia non possiamo lamentarci perché le grandi aziende da sempre godono della cassa integrazione che è una boccata d’ossigeno fondamentale quando c’è un periodo di crisi, il decreto pare l’abbia estesa momentaneamente anche per le aziende con pochi dipendenti. Diciamo che le imprese più strutturate hanno più autonomia per andare avanti quindi è normale che si facciano misure speciali per i più piccoli. Ho letto anche molte polemiche per il salvataggio dell’Alitalia contenuto nel decreto ma volte è più facile salvare una grande azienda che salvarne 10mila piccole, rispetto alle quali risulta difficile verificare che non licenzino nessuno”.

Lei guida un’azienda di medie-grandi dimensioni del settore della sicurezza informatica, in teoria dovreste essere tra i meno esposti alla crisi oppure avvertire già dei contraccolpi?
“Noi siamo un’azienda che avverte meno i contraccolpi è vero, questo perché siamo già abituati a lavorare da remoto, l’accesso ai sistemi dei nostri clienti è già una realtà, le nostre attività stanno andando avanti. In un mondo in cui si inizia a fare tutto in mendo digitale la sicurezza degli accessi diventa fondamentale, quindi potrebbero aprirsi perfino delle opportunità”.

È una prova generale per lo smart working diffuso?
“Non ridurrei tutto solo allo smart working, secondo me è una prova generale per digitalizzare molti servizi, molte cose che facciamo nella vita corrente possiamo farle in modo digitale, penso alle raccomandate elettroniche. Perché devo recarmi ad uno sportello delle poste quando posso farlo da un pc?”

Non si rischia di perdere posti di lavoro?
“No, i vecchi lavori si trasformeranno in nuove forme di occupazione, non è fermando la digitalizzazione che si difende il lavoro, un sistema per essere competitivo deva garantire una produttività più alta, è chiaro che andranno creati sistemi di bilanciamento sociale e welfare che permettano a tutti di fruire di questi miglioramenti”.