Crocifisso in aula scolastica, il Parlamento approvi norme chiare e omogenee

La sentenza delle Sezioni unite civili della Cassazione conferma che si è in materia di diritti fondamentali, poi ne affida la concreta attuazione all’autonomia scolastica, scrive in una nota il Centro Studi Livatino

Riportiamo in maniera integrale la nota del Centro Studi Livatino “Cassazione sul Crocifisso: nessun divieto di affissione, ma adesso necessario l’intervento del Parlamento”

La sentenza delle Sezioni Unite civili sul Crocifisso contiene un’affermazione importante – come si legge nella nota diffusa dal Centro Studi Livatino -: per esso non esiste un divieto di affissione, e la sua presenza in un’aula scolastica non crea discriminazioni. Non vi è alcun divieto, costituzionalmente fondato, alla sua collocazione.

Con ciò il discorso però non è chiuso, e deve necessariamente proseguire in Parlamento. A fondamento dell’affissione del Crocifisso vi è una norma, se pure regolamentare, in vigore da quasi un secolo, mentre per le altre confessioni manca qualsiasi aggancio normativo.
Allorché la Cassazione ipotizza la soluzione dell’eventuale affiancamento al Crocifisso di simboli di altre confessioni religiose, coerenti col credo degli alunni presenti nell’aula, si fa creatrice di una norma, più che interprete di quelle esistenti – riporta la nota.

Allorché essa conferma che si è in materia di diritti fondamentali, e precisa che tale materia non è sottoponibile al criterio di maggioranza, poi ne affida la concreta attuazione all’autonomia scolastica – si legge nella nota -, cioè al voto che verrà dato in materia nei consigli di istituto, o di classe, o nell’assemblea degli studenti, e a un non meglio precisato ‘accomodamento ragionevole’.

Per evitare che sul fondamentale diritto alla libertà religiosa ogni scuola e ogni classe facciano da sé, è indispensabile che intervenga il Parlamento, con l’approvazione di norme chiare e omogenee – riporta la nota. Anche alla stregua della soluzione del caso concreto sottoposto all’esame della Corte, un professore ateo che rifiutava qualsiasi simbolo confessionale, va scongiurato che il c.d. accomodamento ragionevole – per evitare fastidi a dirigenti scolastici e docenti – faccia vincere l’opzione laicista del muro bianco.