Corte Costituzionale Tedesca: “A rischio il Recovery Plan?”

La Corte costituzionale tedesca è chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del Next EU Generation Plan, noto come Recovery Plan

Germania

La Corte costituzionale tedesca è stata chiamata a pronunciarsi per iniziativa di Bernd Lucke, già fondatore ed ex leader di Alternative für Deutschland, quale Presidente dei “Bündnis Bürgerwille” (Alleanza per la volontà dei cittadini, ma sarebbe meglio tradurre Alleanza dei Cittadini volenterosi); oggetto: la legittimità costituzionale questa volta del Next EU Generation Plan, altrimenti noto come Recovery Plan, il programma di aiuti europei che la Commissione UE ha approvato per contrastare le conseguenze economiche e sociali della crisi indotta dalla pandemia Covid 19 e dalle restrizioni contro la diffusione del contagio.

Con censure analoghe a quelle proposte contro il QE, anche questa volta si è invocata la lesione dei princìpi di attribuzione e di proporzionalità, che disciplinano il rapporto fra le competenze degli Stati membri rispetto a quelle proprie dell’Unione”, scrive Renato Veneruso del Centro Studi Livatino in un’analisi del Recovery Plan.

Chi pagherà il conto?

Secondo Bernd Lucke,  la decisione comunitaria prefigura un debito europeo la cui creazione non è tra le competenze attribuite dai Trattati agli organi UE, tenuto conto che il Recovery Fund sarà finanziato sul mercato del credito con il ricorso a garanzie direttamente apprestate dalla BCE.

“In altri termini, dietro il timore che gli Stati membri con un debito pubblico più alto, come l’Italia, non saranno in grado di ripagare i prestiti e che questo possa costringere i Paesi con le finanze più in ordine, tra cui la Germania, a doversi far carico dei loro obblighi verso i prestatori, si agita la medesima questione adombrata nel dibattito sulla pronuncia di Karlsruhe sul QE, cioè il problema della lesione della sovranità della Germania e dei suoi organi rappresentativi”, prosegue Venreuso.

In accoglimento del ricorso d’urgenza, la Corte federale tedesca ha dunque imposto al Presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, di sospendere la firma della legge con cui il Bundestag ed il Bundesrat avevano appena ratificato il Recovery Plan europeo, in attesa della propria pronuncia nel merito, i cui tempi non sono allo stato pronosticabili.

“Poiché la Commissione europea ha previsto, ai fini del suo funzionamento, che il Recovery Plan sia approvato da tutti e 27 gli Stati membri entro la fine di giugno 2021, pena la sua inapplicazione, si può ben intendere il peso della decisione della Corte costituzionale tedesca per l’intera Unione”, evidenzia il Centro Studi Livatino.

Va ricordato – scrive Veneruso – come si è conclusa la precedente vicenda sulla costituzionalità del QE: nel luglio 2020 il Parlamento di Berlino deliberò che le preoccupazioni espresse dalla sentenza della Corte del 5 maggio 2020 fossero infondate e che il criterio della proporzionalità era rispettato dal programma di QE della BCE.

Nuova Europa?

Analogamente, il Ministro SPD delle Finanze, Olaf Scholz, ha già garantito che “è chiaro che l’autofinanziamento dell’Europa con mezzi propri sia ben radicato su un fondamento stabile, sia a livello costituzionale che a livello europeo”, mentre, a commento della pronuncia della Consulta tedesca, dalla Commissione si è fiduciosamente auspicata una rapida soluzione del caso, rilevando che “la validità della decisione non è stata messa in discussione dal giudice nazionale“: Bruxelles “è convinta della legittimità della decisione sulle risorse proprie.E’ fondamentale che sia approvata rapidamente da tutti gli Stati membri, in particolare alla luce delle sfide dovute alla pandemia Covid19“.

In realtà, la posta in gioco in questo caso è ancora più alta – evidenzia Venruso – non solo e non tanto per l’entità dell’intervento economico, pari a 750 miliardi di euro, bensì per ciò cui questo appare finalizzato, e cioè che il Recovery Plan rappresenti un primo passo verso una nuova Unione Europea, connotata da una unità non più solo monetaria, peraltro oggi limitata ai soli Paesi dell’Eurozona, bensì pure finanziaria, e da ultimo fiscale: lo stesso Scholz ha individuato nel Recovery Plan “la più grande novità dall’introduzione dell’euro”.

Il progetto è, peraltro, confessatamente dichiarato nell’ambito del programma, ben esplicitato all’ultimo Forum Economico di Davos, denominato Great Reset, per il quale, nelle parole del Presidente del WEF–World Economic Forum, Karl Schwab, poiché “i cambiamenti che abbiamo visto in risposta al CoVid19 provano che un ‘reset’ delle nostre fondazioni sociali ed economiche è possibile”, “la pandemia rappresenta una rara ma stretta finestra di opportunità per riflettere, reimmaginare, e azzerare il nostro mondo per creare un futuro di maggiore benessere, più equo e prospero”.

Draghi: “Ue verso unità anche fiscale”

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha di recente parlato della necessità di indirizzare la UE verso una unità anche fiscale, così come Kristalina Georgieva, l’economista bulgara attuale direttrice del Fondo Monetario Internazionale: “Il piano Next Generation UE è un risultato notevole nella mobilitazione congiunta di fondi. I governi possono utilizzarla per accelerare ulteriormente la transizione verso le economie digitali e verdi. Se l’esperienza sarà positiva, potrebbe essere il precursore di una capacità di bilancio centralizzata permanente”!

Great Reset

Il Presidente di Intesa Sanpaolo, la più importante banca italiana, Gian Maria Gros-Pietro ha ricordato che “come banchiere, vorrei la piena attuazione della Capital Markets Union non è solo un desiderio, è un’esigenza: perché le banche europee sono sostanzialmente nazionali e le opzioni crossborder sono limitate”. Egli ha poi sottolineato che “L’Unione Europea era come un condominio gestito sulla base dei millesimi di proprietà: ora intende essere una comunità che costruisce gradualmente il proprio futuro, che può e deve essere diverso dal passato… Siamo cambiati senza riscrivere le regole. E’ un vento nuovo”!

La questione affrontata alla Corte costituzionale germanica – conclude Veneruso – riguarda solo l’indomita pretesa tedesca di sovranismo economico, o richiama pure il tema della sovranità dei popoli europei, e del suo destino di possibile dissoluzione tecnocratica negli organismi sovranazionali del Great Reset?