Arresto Messina Denaro, Borrometi: “Qualcuno voleva che il suo predominio finisse”

L'intervista per Interris.it a Paolo Borrometi, giornalista e scrittore più volte minacciato di morte dalla Mafia per i suoi scoop giornalistici

Paolo Borrometi e, a destra, il momento dell'arresto di Mattia Messina Denaro

“L’arresto di Mattia Messina Denaro è un’enorme vittoria per lo Stato e una giornata storica per l’Italia intera. Un momento di arrivo, ma anche di partenza”. Così a Interris.it Paolo Borrometi, giornalista e scrittore italiano più volte minacciato di morte dalla Mafia per i suoi scoop giornalistici.

L’intervista a Paolo Borrometi

Perché l’arresto di Mattia Messina Denaro è un momento di arrivo, ma anche di partenza?

“E’ un momento d’arrivo perchè abbiamo chiuso una pagina importante: quella dei ferocissimi delitti dei Boss di Corleone. Anche se Messina Denaro non era originario di Corleone, ma di Castelvetrano, di fatto era il pupillo di Totò Riina e dunque faceva parte a pieno titolo all’ala stragista dei corleonesi.
Una pagina durata trent’anni che rappresenta un punto di ripartenza. Ora è fondamentale capire come abbia fatto Messina Denaro a restare latitante per 30 anni; chi lo ha coperto, chi lo ha aiutato.
Dobbiamo inoltre comprendere e svelare quali verità si celano nei racconti dei pentiti in merito agli eventuali rapporti tra pezzi infedeli dello Stato e boss mafiosi della stagione stragistica del ’92 – ’93”.

Ti ha stupito il fatto che Messina Denaro sia stato trovato nella sua Sicilia e non fosse fuggito in altre Nazioni?

“No, i boss mafiosi difficilmente lasciano la propria terra. Lasciando il controllo diretto del territorio di fatto abdicano al potere e trasmettono un’immagine debole di se stessi mettendo così in pericolo la propria egemonia. Sono certo dunque che Messina Denaro abbia passato non tutta ma buona parte della sua lunghissima latitanza qui in Sicilia. Coperto da chi doveva coprirlo”.

L’arresto è dovuto al fatto che è venuta meno la rete di protezione o le indagini hanno creato un cerchio sempre più stretto intorno alla sua persona?

“Entrambe le cose. Il suo arresto è l’occasione per ringraziare tutti gli inquirenti e i magistrati, la Procura di Palermo e i Carabinieri del ROS per il grandissimo lavoro svolto. Uomini dello Stato che in questi trenta anni hanno lavorato per lo Stato raggiungendo infine questo straordinario risultato.
Senza nulla togliere al grande lavoro che è stato compiuto, è risaputo che Messina Denaro da almeno un anno faceva delle cure per un tumore al colon. Non sappiamo in quale stadio fosse la malattia, ma certamente è uomo molto malato.
Penso dunque che la cattura sia dovuta – oltre che all’impegno straordinario profuso dalle forze dell’ordine – anche in parte a chi ha voluto che quel suo predominio finisse. Come è sempre accaduto nella storia di Cosa Nostra”.

Come ripartire? 

“Ripartiamo con la consapevolezza che questo è stato un colpo fortissimo ma che non ha distrutto Cosa Nostra. La Mafia c’è, esiste, e gode ancora di appoggi enormi. Dobbiamo comprendere che la lotta alle mafie si fa ogni giorno e si fa con lo stesso impegno profuso oggi”.