Addio a Gianni Mura, per 50 anni voce dello sport e dell’Italia

Firma storica del giornalismo, dalla Gazzetta dello Sport a Repubblica, dal calcio al ciclismo: aveva 74 anni

Firma ultraquarantennale di Repubblica, memorabile cronista del Tour de France e imbattibile narratore, oltre che giornalista. Un segno indelebile quello lasciato da Gianni Mura nel mondo del giornalismo sportivo, forse l’unico in grado di raccogliere davvero l’eredità di Gianni Brera, come uomo di lettere, di sport e di cronaca. E’ morto a 74 anni Gianni Mura, colpito da un improvviso attacco cardiaco. Nato nella Milano di fine guerra, fa degli studi classici la pietra angolare del suo giornalismo (al quale avrebbe affiancato la sua carriera di scrittore), iniziato da praticante nella Gazzetta dello Sport (allora diretta da Gualtiero Zanetti) e proseguito come inviato del “giornale rosa” per otto anni, fra campionati di calcio e Giro d’Italia nel 1965, cronista di un’inedita competizione della corsa, con crono a Taormina e, per la prima volta, conclusione a Firenze col trionfo di Vittorio Adorni.

Lo sport visto da Mura

A Repubblica sarebbe approdato nel 1976, giusto in tempo per volare a Montreal come inviato per le Olimpiadi che consacrarono nel Pantheon sportivo la ginnasta Nadia Comaneci e videro la clamorosa protesta dei Paesi africani, che la boicottarono in gran parte (presenti solo Senegal e Costa d’Avorio) come protesta contro l’Apartheid. Ma anche l’Olimpiade delle medaglie di Klaus Dibiasi e Giorgio Cagnotto e dei nuovi trionfi italiani nella scherma. Da lì, un’ascesa continua nel giornalismo sportivo, come curatore della rubrica Sette giorni di cattivi pensieri e, successivamente, come presidente della giuria del premio L’Altropallone. Nel 2014, l’esclusivo contributo alla rubrica Buona Lettura di Repubblica, con undici interviste ad altrettanti ex calciatori per la costruzione della sua squadra ideale. Più un ritratto, quello del tecnico. Un compendio di testimonianze, racconti e aneddoti di un calcio nostalgico e scomparso, quello degli uomini umili e delle prime star, da campioni assoluti come Lodetti, Losi, Pulici e Burgnich fino ai protagonisti di storie fantastiche come Cera, Vieri o Hamrin. Uno spaccato di grande calcio ma soprattutto di grandi valori.