A fine mese si saprà se funziona il vaccino italiano anti-Covid

L'obiettivo è creare anticorpi per bloccare la proteina Spike, così il coronavirus non entra nel polmone

In tutto il mondo ci sono una quarantina di aziende, cinesi,  europee, americane e israeliane, che stanno lavorando non solo sui vaccini, ma anche sullo sviluppo di altre molecole e cioè di farmaci terapeutici.
“Abbiamo cominciato la sperimentazione sui topi e avremo i primi risultati intorno alla fine di aprile”, spiega a Dire Luigi Aurisicchio, fondatore e amministratore delegato di Takis, la società biotech italiana con sede nel Tecnopolo di Castel Romano che, dopo il via libera del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore della Sanità, ha fatto partire i test preclinici di 5 vaccini contro il coronavirus. Fondamentale la pubblicazione, da parte dei cinesi, della sequenza del Dna del Covid-19.

Informazioni condivise

“Abbiamo esperienza nel settore dell’oncologia, ma quando è uscita la sequenza del virus abbiamo iniziato a lavorarci di nostra iniziativa, mettendoci a disposizione, senza nessun tipo di finanziamento”, precisa. “Non è una competizione a chi arriva prima, questa è la cosa positiva, c’è collaborazione– sostiene il biologo Aurisicchio-. Ovviamente è una “gara” per le grandi aziende farmaceutiche, perché chi arriva prima avrà una fetta maggiore del mercato. Ma tra i vari ricercatori a livello internazionale c’è uno scambio continuo di informazioni. Tanto è vero che stiamo partecipando ad alcuni incontri organizzati dall’Organizzazione mondiale della Sanità e durante le riunioni ognuno racconta quello che sta facendo e i risultati che ha ottenuto”. Insomma ci si confronta moltissimo. “La sperimentazione sull’uomo potrebbe partire già in autunno“, aggiunge Aurisicchio.

Bandi europei

Fino ad ora, fa sapere Aurisicchio, la sua società ha speso circa 70 mila euro, per tutta la parte riguardante il disegno molecolare e quella dei primi studi negli animali, ma la fase successiva sarà molto piùcostosa. “Per questo stiamo cercando dei bandi europei, ultimamente ne è uscito uno del ministero della Salute al quale però non possiamo partecipare perché è destinato solo agli Irccs– evidenzia a Dire Aurisicchio-. Cercheremo allora, come già abbiamo fatto, di collaborare con qualche istituto pubblico. Poi abbiamo attivato un’iniziativa di crowdfunding: per il momento abbiamo raccolto intorno ai 40 mila euro, ma dobbiamo arrivare intorno ai 2 milioni, quindi il cammino è molto lungo”.

L’uncino

 I vaccini sono costruiti al computer e sono ottenuti clonando un frammento dell’informazione genetica del Coronavirus nei filamenti circolari di Dna presenti nei batteri. Questo provoca la formazione di anticorpi contro la proteina Spike, che si trova sulla superficie dei Coronavirus, ed è la principale arma con cui il virus aggredisce le cellule respiratorie umane. La proteina Spike, prosegue il biologo, per chi “ha mente il modello tridimensionale del Covid-19, è quella punta che esce dalla membrana, una sorta di uncino che si lega alle cellule del nostro polmone. Allora il nostro obiettivo finale è creare degli anticorpi che bloccano la proteina Spike, perché in questo modo il virus non può più entrare nel polmone”. Una volta compiuti i vari passaggi della sperimentazione, si comincerà, dunque, con uno studio di fase uno nell’uomo, inizialmente “su un numero relativamente piccolo di pazienti per verificare che il vaccino dia una risposta immunitaria contro il Covid-19 e soprattutto che sia sicuro, che non dia nessun tipo di effetto collaterale”. Poi vengono fatti altri studi, su più larga scala, per poi arrivare alla fase commerciale.

Tempi abbreviati

“Tendenzialmente questo processo dura parecchio, ma oggi le agenzie regolatorie stanno cercando di accelerare tantissimo– sottolinea Aurisicchio-. Se prima un processo del genere durava anche dieci anni, insomma, adesso durerà probabilmente 18 mesi“. Non sarà difficile trovare persone disponibili a farsi testare. Racconta Aurisicchio: “Si stanno già proponendo in tantissimi, la nostra casella di posta elettronica è bombardata di messaggi di persone che vogliono farsi vaccinare, a cui noi siamo costretti a rispondere che il vaccino non è ancora pronto e che non glielo possiamo dare, perché dobbiamo fare una serie di studi. Ci scrivono persone di tutte le età, dagli anziani ai giovani, che magari hanno figli piccoli e sono spaventati“.