Trump e il piano mediorientale, altoltà di Abu Mazen

Erano attese le dichiarazioni di Trump ma, a conti fatti, l'annunciato piano di pace per il Medio Oriente sposta solo di poco i margini del processo di definizione della situazione nella Striscia di Gaza. Il presidente americano traccia la linea, parlando di “uno stato ai palestinesi” e di “Gerusalemme capitale d'Israele”, tornando a cavalcare l'ipotesi dei due Stati e ventilando per la Palestina una capitale a Gerusalemme est, realizzando così uno Stato indipendente e sostenuto da alcuni investimenti da parte degli americani e dei loro alleati (si parla di 50 miliardi), con tanto di ambasciata statunitense in loco. L'importante, ha spiegato Trump, è che vi sia la completa rinuncia al terrorismo: “La gente in Medio Oriente, soprattutto i giovani, sono pronti per un futuro migliore”.

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Il piano

Un piano illustrato fianco a fianco con Netanyahu ma che, almeno per il momento, ha ricevuto un'accoglienza fredda da parte di Hamas, anche in virtù di una poco chiara definizione degli spazi: Trump garantisce che il territorio palestinese raddoppierà e avrà “uno Stato connesso da strade, ponti e tunnel”, affidando a un dossier di 80 pagine la definizione completa dei dettagli e affermando che “questa potrebbe essere l'ultima opportunità per arrivare a una pace in Medio Oriente”, spiegando che in molti sono pronti a investire per aiutare la risoluzione del caso palestinese. Gelido però il presidente Abu Mazen, il quale ha affermato che “Gerusalemme non è in vendita”, mentre Hamas etichetta quello di Trump come “un discorso aggressivo che creerà molta rabbia“. Indicativo che, alla Casa Bianca, non fosse presente alcun rappresentante dell'Autorità nazionale palestinese.