Coronavirus, la paura da Pechino al Medio Oriente

Era attesa ed è arrivata. La risposta del presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, suona come un'ammissione di colpa: “Evidenti mancanze emerse” nei meccanismi di risposta alla crisi, è stato il commento del leader di Pechino, mentre continuano ad aumentare i contagi da Covid-19, l'infezione da nuovo coronavirus. Solo ieri in Cina si sono registrati 150 decessi ed almeno 400 nuovi casi di infezione accertati. Il bollettino rilasciato dalla Commissione sanitaria nazionale (Nhc) è una sfilza di numeri in continuo aumento. 

Ammissione di colpa

Nel complesso, sono oltre 2.000 le vittime del nuovo coronavirus in Cina, con un numero di infezioni che rasenta i 77mila casi. Solo nell'Hubei, la provincia-focolaio dell'epidemia, si registrano 398 nuovi casi di polmonite, 149 morti e 1.439 casi di guarigione. Anche a Pechino sono stati segnalati nuovi casi: almeno trenta quelli sospetti, mentre nove sono guariti e dimessi dall'ospedale: “È una crisi per noi ed è un grande test” ha riferito ieri Xi Jinping in conferenza stampa con i funzionari preposti alla gestione della crisi, riconoscendo che l'epidemia “ha una capacità di trasmissione più veloce, più ampia di infezione ed è stata più difficile da prevenire e controllare”. Da Pechino fanno sapere che nella Regione autonoma del Tibet non sono stati riportati casi confermati. Intanto, la Cina riprende gradualmente la normalità. Come ha affermato Cong Liang, funzionario della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma cinese (Ndrc), il tasso di ripresa delle attività commerciali nella provincia cinese dello Zhejiang ha raggiunto il 90%, mentre nelle province di Jiangsu e Guangdong è superiore al 70%.

Oriente in allerta

L'epidemia si diffonde anche in Corea del Sud: alla giornata di ieri i contagi da nCov-2019 erano 833. A Seul il livello di allerta è, infatti, salito al massimo livello, secondo quanto dichiarato dal presidente Moon Jae-in : si tratta del cosiddetto numero 4, quello che permette al governo di creare un cordone sanitario intorno alla città e prendere altre misure eccezionali per contenere l'epidemia: “I prossimi giorni saranno critici per noi” ha dichiarato Moon nella riunione d'emergenza con i ministeri e le agenzie coinvolti: “Un momento importantissimo” per “mettere in campo gli sforzi per rispondere alla crisi”. In Giappone la crisi da nuovo coronavirus coincide con la Diamond Princess, la nave da crociera che dai primi di febbraio è ancorata nel porto di Yokohama: secondo gli ultimi dati, a oggi sono 634 le persone contagiate a bordo, mentre si attesta il terzo decesso, anch'egli una vittima anziana di cui non è stata ancora resa nota la nazionalità. Sabato scorso sono tornati in Inghilterra i 32 cittadini del Regno Unito che si trovavano a bordo della nave. Stando a quanto riporta la Bbc, quattro di loro sono risultati positivi al nuovo coronavirus e prontamente trasferiti nei centri specializzati messi a disposizione dal servizio sanitario nazionale.

Iran: sbarrata la città degli sciiti

In Iran il clima elettorale è stato oscurato dalla diffusione nazionale del nuovo coronavirus. Ieri il Ministero della Sanità iraniano ha riportato un nuovo bilancio, con almeno 50 decessi dal primo caso segnalato martedì scorso e 43 casi di contagio confermati. Il ministro della Salute del Paese, Saeed Namaki, ha dichiarato alla in tv che il virus è arrivato dalla Cina nella città di Qom, in Iran centrale, attraverso un commerciante che faceva la spola fra la Cina e il Paese. Namaki ha anche sottolineato gli imponenti sforzi di Teheran nel contenimento dell'epidemia: da una parte, il governo sta predisponendo il blocco dei viaggi verso Qom – una delle principali destinazioni per i pellegrini sciiti – dall'altra sta incentivando la produzione di kit sanitari per le diagnosi dell'infezione. È stato rilevato che il primo caso di nCoV-2019 in Libano è un uomo proveniente dalla città di Qom. Si registrano i primi contagi in Afghanistan, Kuwait e Bahrain. Nel timore di una propagazione del contagio, Turchia, Armenia e Pakistan hanno seguito l'esempio dell'Iraq, chiudendo le frontiere con Teheran.